“Fra i rumori
della folla ce ne stiamo noi due
felici di essere
insieme,
parlando poco,
forse nemmeno una
parola”.
(Whitman)
La
giornata, ormai, stava volgendo al termine. Parecchi ospiti si stavano già
congedando dagli sposi, rinnovando loro gli auguri di ogni felicità e prospero
avvenire. In lontananza, si poteva ammirare lo spettacolo del tramonto sul mare
che rendeva tutta l’atmosfera ancora più suggestiva. Marta era raggiante: fra
le braccia del suo “maritino” si stava godendo gli ultimi attimi di quella
intensa giornata e, scrutandola negli occhi, si poteva ben capire quale ne
sarebbe stato l’epilogo. Cristina contemplava, con aria assorta, tutte queste
cose e, sebbene nutrisse una profonda felicità per l’amica, non potè nascondere
un velo di tristezza che le offuscava il volto. Poco distante da lei, Daniele
la stava osservando, in silenzio, cercando di capire cosa fossero quelle ombre
sul suo viso. Fu così che le si avvicinò e le chiese spiegazioni. Cristina si
volse verso di lui, non l’aveva più rivisto dopo quella sera, alla festa: “Non
posso proprio nascondergli niente” pensò. Lo guardò attentamente, senza però
dire una parola. Si soffermò sui suoi occhi, ne stava ammirando la profondità,
piano piano scese ad osservare le sue labbra: carnose e sensuali. Adesso, stava
considerando la sua impeccabile eleganza: indossava un abito grigio, di ottima
fattura. Sotto al gilet, si intravedeva la camicia di seta, color avorio, le
cui maniche terminavano con due finissimi gemelli d’oro che recavano incise le
sue iniziali. Al polso aveva l’orologio che aveva sempre sognato: era riuscito,
alla fine, a realizzare il suo rolex d’oro, con cassa blu cobalto che, anni
prima, avevano intravisto in una vetrina. Del ragazzo disincantato che lei
aveva conosciuto, adesso non c’era più niente: nonostante si stesse ancora
specializzando, Daniele era diventato un ottimo medico, stimato da tutti.
Insomma, non gli mancava proprio niente: era carino, intelligente, simpatico...
di qualità ne aveva davvero tante: “Quell’Emiliana ha fatto proprio centro”
pensò. Riemergendo dai suoi pensieri, si accorse che l’amico era ancora di
fronte a lei in attesa di una risposta. Si alzò, dunque, pigramente, si
stiracchiò con fare decisamente poco elegante e, quindi, gli fece cenno di
seguirla. S’incamminarono lungo il viale che fiancheggiava la strada, lei lo
teneva per un braccio, proprio come era solita fare in passato e, per un pezzo,
passeggiarono in silenzio ammirando la bellezza degli alberi appena fioriti. Ad
un certo punto, Cristina prese la parola e cominciò a raccontare la storia che,
in fondo, Daniele conosceva già: “Quando Marta conobbe Marco, io ero fidanzata
con Lorenzo da parecchi anni, ormai. Tutti scommettevano su di noi, come
fossimo due cavalli purosangue in attesa di vincere qualche corsa. Ci
chiedevano quando ci saremmo sposati, dove saremmo andati ad abitare, quanti
figli avremmo voluto, ecc.. Mi piaceva rispondere a ciascuna di quelle domande
con sincerità e amore, programmando, in cuor mio, quello che sarebbe stato il
giorno più bello della mia vita. Desideravo tanti figli e, per questo, volevo
sposarmi al più presto: in fondo, lui già lavorava ed io stavo per laurearmi,
per cui non avremmo dovuto aspettare poi tanto. Quando la gente ci incontrava
per la strada ci indicava come la coppia perfetta che mai avrebbe sofferto
crisi... ed invece. Come ben sai, lui mi lasciò qualche tempo dopo ad inseguire
sogni ben lontani dalla mia ingenuità e dalla mia più focosa fantasia. Ricordi
come stavo male quando vi incontrai quella sera, sul corso ? Ero sola, e
stavo piangendo: Paola mi si avvicinò, chiedendomi cosa fosse successo, ed io
scoppiai in un pianto convulso, in mezzo alla strada, balbettando : “Mi ha
lasciata!”. Ancora non riesco a dimenticare lo stupore delle vostre facce. Se
non fosse stato per le mie lacrime, avreste pensato ad un scherzo, ma io non
stavo scherzando! Da qui in poi, più o meno, la mia storia la conosci, c’eri
anche tu. Eri presente quando “m’innamorai” di quel Davide.. ricordi con quanto
entusiasmo ne parlavo? Quanti biglietti che gli scrissi... e ricordi Paola come
mi accompagnava nelle mie bravate? Eravate tutti entusiasti di quella storia,
ma non ho mai capito se la vostra felicità derivava dalla speranza che io
uscissi fuori dal mio passato oppure dal fatto che Davide vi piacesse davvero.
Mi gettaste letteralmente fra le sue braccia! Così mi beccai una seconda
delusione. A quel punto non ce la feci più e partii. Che tristezza, quel
giorno, alla stazione... eravate tutti mesti anzi, non proprio tutti. Tu, ad
esempio, non mi dicesti nulla, non mi hai nemmeno considerata: sembravi un
estraneo. Comunque, mentre il treno mi portava lontano dalla mia casa e da voi,
io ripensavo ai vostri volti: non volevo dimenticarmeli! Uno per uno, vi
“ripassai” nella mia mente e, per ognuno di voi, piansi calde lacrime. Al mio
arrivo, Milano mi risultò molto fredda e inospitale: ben lontana dal calore del
nostro sole e dall’immensità del nostro mare. Appesi alle pareti della mia
nuova casa poster e quadri che mi ricordassero, continuamente, i nostri
paesaggi e ad un angolo sistemai un grande pannello di sughero, su cui attaccai
tutte le vostre foto e le vostre lettere. Man mano che il tempo trascorreva,
cominciai ad ambientarmi: conobbi gente, mi tuffai nel lavoro e, ahimè,
allacciai relazioni alquanto sterili e vacue, con la speranza di colmare i miei
vuoti. Ma adesso, che sono tornata e vi ho ritrovati, dopo aver testimoniato
delle nozze di Marta ed aver toccato con mano la loro felicità... beh, non
posso non riflettere sulla mia vita e sentirmi turbata. Sposarmi con Lorenzo,
lo riconosco, sarebbe stato un grave errore di cui mi sarei pentita presto e
per sempre ma... i miei sogni sono spariti lo stesso. Avrei voluto avere tanti
figli, ma ho già trent’anni ed il mio principe azzurro sembra aver perso la
strada di casa. La notte, nel mio letto, mi stringo nelle spalle sperando che
il freddo passi ma, a volte, trascorro tutto il tempo a fissare il soffitto ed
a tremare per la mia solitudine. Ho sempre in mente una frase di Germano
Squinzi, che lessi tempo fa e che, più o meno, diceva: <<Certe volte ho
paura, paura di non incontrare mai qualcuno con cui tutto sarà bello. Qualcuno che
voglia dalla vita tutto ciò che può dare. Qualcuno che sappia che c’è sempre
una canzone più bella da cantare>>. In fondo, non chiedo la luna, ma solo
qualcuno (per dirla alla Robert Burns) <<che rida con me, che mi sappia
riprendere, che mi compiaccia e mi consigli, e che ogni tanto, certo, sappia
ammirare il mio acume e l’ingegno>>. Ecco, ora penso di aver risposto
alla tua domanda: soddisfatto?”. Daniele, intanto, la stava osservando: non
aveva fatto altro da quando lei aveva iniziato a parlare. La guardava e provava
un profondo senso di malinconia: Cristina era sempre stata la “pazza” della
compagnia, aveva subito parecchie delusioni ma era sempre riuscita a
riemergerne con coraggio. Di lei aveva sempre amato la sua forza, il suo parlar
chiaro mentre lui... non aveva mai avuto il coraggio di confessarle che
l’amava, anzi! Per nascondere i suoi sentimenti l’aveva sempre incoraggiata ad
andare avanti nella storia con Davide e, poi, l’aveva lasciata partire, in quel
freddo pomeriggio, senza dirle una parola, senza dirle: “Ti amo, per favore,
resta!”. Si era sentito a pezzi, quel giorno. Dopo che il treno era partito,
era rimasto un bel po’ di tempo a fissare la polvere sollevata sui binari. Le
aveva nascosto le lacrime, per non lasciar trasparire nulla ma, rimasto solo
alla stazione, sfogò la sua stupidità, la sua viltà. L’aveva persa! Dopo averla
trovata, l’aveva lasciata andare: cosa ne sarebbe stato, ora, di lui? Gli
sarebbe mancato il suo sorriso, le sue battute... le sue mani fredde! Chi
gliele avrebbe riscaldate, adesso? A Milano, poi, che il clima era davvero
rigido... chissà se lei l’avrebbe pensato, se avrebbe pensato a tutte le volte
che, per riparare le sue mani dal vento, le aveva rifugiate fra le sue, sempre
calde e pronte a proteggerla. Ed ora, in quel viale, passeggiando placidamente,
lei gli stava rivelando la sua debolezza, la sua vulnerabilità: gli stava
dicendo che aveva bisogno... di lui! “Com’è strana la vita - pensò Daniele -
sembra si faccia beffe di noi. Come vorrei stringerla, farla mia ma... come
faccio con Emiliana? Non merita questa delusione, però... Cristina... No,
questa volta non la lascerò andare, non me la farò scappare un’altra volta”.
Tutti quegli anni persi a cercare una donna che gli potesse trasmettere le
stesse emozioni vissute con Cristina per poi non trovare niente e nessuna che
le potesse, anche minimamente, somigliare: tutte erano troppo o troppo poco,
nessuna era come lei: “Nemmeno Emiliana!” riflettè amaramente. Ora la sua
Cristina era lì, a due passi da lui, e
gli stava provocando le stesse sensazioni degli anni passati. Non ci pensò
oltre: le si parò davanti e la strinse a sé, con quanta forza aveva nelle
braccia. Dal suo cuore era lui, ora, che le stava gridando la sua solitudine.
Nelle sue vene il sangue gli pulsava forte e, così come le onde del mare in
tempesta s’infrangono violentemente sugli scogli provocando piccole scosse
sotto terra, sentiva, adesso, che gli
stava affluendo violentemente al cervello, provocando piccoli brividi che gli
scuotevano il corpo, le braccia, le mani ma... niente, non la lasciava andare.
Aveva passato troppo tempo a pensarla, a crederla felice con qualcuno che non
fosse lui, ma ora, che aveva saputo che era sola, non poteva lasciarla partire
un’altra volta, non senza averle prima detto che l’amava. Allentò un attimo la
presa, quel poco che bastava per avvicinare il viso al suo e sussurrarle
nell’orecchio, con l’emozione che gli spezzava la voce: “Cristina, io... ti
amo, ti amo, ti Amo! Non ho mai avuto il coraggio di dirtelo, non mi
consideravo all’altezza e sono stato uno stupido. Io avrei saputo come renderti
felice, ci sarei stato io nelle tue notti fredde a riscaldarti ed invece... ti
ho lasciato tremare, ti ho lasciato sola. Anch’io, come te, ho cercato in
facili illusioni, in vuote donne-schermo, un qualcosa che mi facesse
dimenticare te: il tuo sorriso, i tuoi occhi... tutto! Ma non ci sono riuscito,
perdonami!”. Cristina non sapeva cosa dire. Stretta in quella morsa si sentì
mancare il respiro ma non l’allontanò, anzi. Gli si fece ancora più vicino e
l’abbracciò a sua volta. Lo strinse anche lei, gettandogli le braccia al collo.
Ora stava respirando il suo profumo... una dolce fragranza che sembrò
ubriacarla. Ascoltava stordita la sua voce, mentre le stava confessando quello
che per anni avrebbe voluto sentirsi dire. Era partita tre anni prima, con un
nodo alla gola, credendo che Daniele non l’amasse, che nutrisse per lei solo
una profonda amicizia. Aveva provato a stuzzicarlo parlandogli di probabili
“pretendenti”, cercando di farlo ingelosire ed invece lui... la incoraggiava!
Con lui stava bene: si sentiva apprezzata, capita. Daniele riusciva sempre, con
lo splendore del suo sorriso, ad accendere in lei la felicità. Questo perché
lui sapeva prenderla in giro; sapeva consigliarla; sapeva farla felice! C’erano
stati momenti in cui aveva creduto che anche lui la desiderasse e invece...
arrivò il giorno della partenza e lui non fece niente per fermarla: sarebbe
bastata una sua parola e lei sarebbe scesa da quel treno e non sarebbe più
partita. Ma non era successo niente, lei se n’era andata e Daniele era rimasto
alla stazione a salutarla, come tutti gli altri amici e, come se non bastasse,
si era pure fidanzato. “Cucciolo, cosa stai dicendo? - lo rimproverò
delicatamente, accarezzandogli i capelli - A Roma c’è una splendida ragazza che
sta aspettando solo che tu ritorni da lei”
“No, no,
no! Non dirmi così, per favore. Credevo di averti dimenticata e così ho voluto
dimostrare a me stesso che ero capace di vivere una storia tutta mia, senza
portarmi dietro il peso del tuo ricordo. Emiliana è, sicuramente, una ragazza
fantastica, e mi sento un verme per quello che le sto facendo ma lei non è...
non è te! Ho capito che ti amo ancora quando ti ho vista alla festa e sono
dovuto uscire per evitare di commettere qualche sciocchezza, come, per esempio,
abbracciarti e gridarti quello che sempre sognavo di dirti. Mi dispiace,
credimi. Mi dispiace averti ora assalita in questo modo: non mi meraviglierei
se adesso tu non volessi più vedermi!” “Stupidone! Possibile che non hai ancora
capito che ti amo anch’io, per la miseria! Ti ho sempre amato ma tu sembravi
non accorgertene, mi viziavi con parole e piccole attenzioni ma... niente più.
La sera della festa, mi si è raggelato il sangue nel sentire che ti eri
fidanzato con... quella lì. Sono andata via a quel modo perché stavo
soffocando. Non riuscivo a sopportare l’idea di averti perso. Sono sempre stata
gelosa della nostra affinità, del nostro <<intenderci al primo
sguardo>>, ed ora era sopraggiunta una perfetta sconosciuta a portarti
via. Vorrei prenderti a schiaffi...” ed invece lo baciò, una, due, mille volte,
sulla bocca, sulle guance, sulla fronte e lo stesso fece lui, ancora incredulo
per quello che si era sentito dire ma, certo di volersi godere appieno quel
momento. “Ehi, guardate che gli sposi siamo noi!” sentirono gridare ad un
tratto. Si voltarono e videro gli sposini, con il resto degli invitati, che li
stavano osservando con sorrisetti maliziosi sulle labbra (Paola in prima fila).
Si fecero di mille colori per l’imbarazzo ma, subito, scoppiarono a ridere: le
ombre sul viso di Cristina erano sparite lasciando il posto a due occhi
raggianti di felicità. “A proposito, - gli chiese tutt’a un tratto - ma perché
non mi hai invitato alla tua laurea?”
“E come
avrei potuto? Stavo ancora soffrendo per la tua partenza: rivederti avrebbe
acuito le mie ferite ma, credimi, è stato un errore tremendo! Quel giorno,
raggiunsi una tappa fondamentale della mia vita ma, senza te accanto, non sono
riuscito nemmeno ad apprezzarla: saresti stata fiera di me!”
“Se è per
questo, non preoccuparti: io sono sempre fiera di te!”
“Comunque,
per il mio matrimonio non prendere impegni. Tu devi essere con me...
sull’altare”
“Contaci!”.
Dopo due giorni Daniele l’accompagnò all’aeroporto
e, questa volta, non era triste. Lei sarebbe tornata per l’ultima volta a
Milano, per sistemare le sue cose, trovare un sostituto che potesse prendere il
suo posto con i bambini e, quindi, ritornare da lui, per sempre. Presto ci
sarebbe stato un altro matrimonio ma, questa volta, loro non sarebbero stati
invitati.
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