venerdì 27 gennaio 2012

Con te amico, Capitolo XII

“Fra i rumori della folla ce ne stiamo noi due
felici di essere insieme,
parlando poco,
forse nemmeno una parola”.
(Whitman)

La giornata, ormai, stava volgendo al termine. Parecchi ospiti si stavano già congedando dagli sposi, rinnovando loro gli auguri di ogni felicità e prospero avvenire. In lontananza, si poteva ammirare lo spettacolo del tramonto sul mare che rendeva tutta l’atmosfera ancora più suggestiva. Marta era raggiante: fra le braccia del suo “maritino” si stava godendo gli ultimi attimi di quella intensa giornata e, scrutandola negli occhi, si poteva ben capire quale ne sarebbe stato l’epilogo. Cristina contemplava, con aria assorta, tutte queste cose e, sebbene nutrisse una profonda felicità per l’amica, non potè nascondere un velo di tristezza che le offuscava il volto. Poco distante da lei, Daniele la stava osservando, in silenzio, cercando di capire cosa fossero quelle ombre sul suo viso. Fu così che le si avvicinò e le chiese spiegazioni. Cristina si volse verso di lui, non l’aveva più rivisto dopo quella sera, alla festa: “Non posso proprio nascondergli niente” pensò. Lo guardò attentamente, senza però dire una parola. Si soffermò sui suoi occhi, ne stava ammirando la profondità, piano piano scese ad osservare le sue labbra: carnose e sensuali. Adesso, stava considerando la sua impeccabile eleganza: indossava un abito grigio, di ottima fattura. Sotto al gilet, si intravedeva la camicia di seta, color avorio, le cui maniche terminavano con due finissimi gemelli d’oro che recavano incise le sue iniziali. Al polso aveva l’orologio che aveva sempre sognato: era riuscito, alla fine, a realizzare il suo rolex d’oro, con cassa blu cobalto che, anni prima, avevano intravisto in una vetrina. Del ragazzo disincantato che lei aveva conosciuto, adesso non c’era più niente: nonostante si stesse ancora specializzando, Daniele era diventato un ottimo medico, stimato da tutti. Insomma, non gli mancava proprio niente: era carino, intelligente, simpatico... di qualità ne aveva davvero tante: “Quell’Emiliana ha fatto proprio centro” pensò. Riemergendo dai suoi pensieri, si accorse che l’amico era ancora di fronte a lei in attesa di una risposta. Si alzò, dunque, pigramente, si stiracchiò con fare decisamente poco elegante e, quindi, gli fece cenno di seguirla. S’incamminarono lungo il viale che fiancheggiava la strada, lei lo teneva per un braccio, proprio come era solita fare in passato e, per un pezzo, passeggiarono in silenzio ammirando la bellezza degli alberi appena fioriti. Ad un certo punto, Cristina prese la parola e cominciò a raccontare la storia che, in fondo, Daniele conosceva già: “Quando Marta conobbe Marco, io ero fidanzata con Lorenzo da parecchi anni, ormai. Tutti scommettevano su di noi, come fossimo due cavalli purosangue in attesa di vincere qualche corsa. Ci chiedevano quando ci saremmo sposati, dove saremmo andati ad abitare, quanti figli avremmo voluto, ecc.. Mi piaceva rispondere a ciascuna di quelle domande con sincerità e amore, programmando, in cuor mio, quello che sarebbe stato il giorno più bello della mia vita. Desideravo tanti figli e, per questo, volevo sposarmi al più presto: in fondo, lui già lavorava ed io stavo per laurearmi, per cui non avremmo dovuto aspettare poi tanto. Quando la gente ci incontrava per la strada ci indicava come la coppia perfetta che mai avrebbe sofferto crisi... ed invece. Come ben sai, lui mi lasciò qualche tempo dopo ad inseguire sogni ben lontani dalla mia ingenuità e dalla mia più focosa fantasia. Ricordi come stavo male quando vi incontrai quella sera, sul corso ? Ero sola, e stavo piangendo: Paola mi si avvicinò, chiedendomi cosa fosse successo, ed io scoppiai in un pianto convulso, in mezzo alla strada, balbettando : “Mi ha lasciata!”. Ancora non riesco a dimenticare lo stupore delle vostre facce. Se non fosse stato per le mie lacrime, avreste pensato ad un scherzo, ma io non stavo scherzando! Da qui in poi, più o meno, la mia storia la conosci, c’eri anche tu. Eri presente quando “m’innamorai” di quel Davide.. ricordi con quanto entusiasmo ne parlavo? Quanti biglietti che gli scrissi... e ricordi Paola come mi accompagnava nelle mie bravate? Eravate tutti entusiasti di quella storia, ma non ho mai capito se la vostra felicità derivava dalla speranza che io uscissi fuori dal mio passato oppure dal fatto che Davide vi piacesse davvero. Mi gettaste letteralmente fra le sue braccia! Così mi beccai una seconda delusione. A quel punto non ce la feci più e partii. Che tristezza, quel giorno, alla stazione... eravate tutti mesti anzi, non proprio tutti. Tu, ad esempio, non mi dicesti nulla, non mi hai nemmeno considerata: sembravi un estraneo. Comunque, mentre il treno mi portava lontano dalla mia casa e da voi, io ripensavo ai vostri volti: non volevo dimenticarmeli! Uno per uno, vi “ripassai” nella mia mente e, per ognuno di voi, piansi calde lacrime. Al mio arrivo, Milano mi risultò molto fredda e inospitale: ben lontana dal calore del nostro sole e dall’immensità del nostro mare. Appesi alle pareti della mia nuova casa poster e quadri che mi ricordassero, continuamente, i nostri paesaggi e ad un angolo sistemai un grande pannello di sughero, su cui attaccai tutte le vostre foto e le vostre lettere. Man mano che il tempo trascorreva, cominciai ad ambientarmi: conobbi gente, mi tuffai nel lavoro e, ahimè, allacciai relazioni alquanto sterili e vacue, con la speranza di colmare i miei vuoti. Ma adesso, che sono tornata e vi ho ritrovati, dopo aver testimoniato delle nozze di Marta ed aver toccato con mano la loro felicità... beh, non posso non riflettere sulla mia vita e sentirmi turbata. Sposarmi con Lorenzo, lo riconosco, sarebbe stato un grave errore di cui mi sarei pentita presto e per sempre ma... i miei sogni sono spariti lo stesso. Avrei voluto avere tanti figli, ma ho già trent’anni ed il mio principe azzurro sembra aver perso la strada di casa. La notte, nel mio letto, mi stringo nelle spalle sperando che il freddo passi ma, a volte, trascorro tutto il tempo a fissare il soffitto ed a tremare per la mia solitudine. Ho sempre in mente una frase di Germano Squinzi, che lessi tempo fa e che, più o meno, diceva: <<Certe volte ho paura, paura di non incontrare mai qualcuno con cui tutto sarà bello. Qualcuno che voglia dalla vita tutto ciò che può dare. Qualcuno che sappia che c’è sempre una canzone più bella da cantare>>. In fondo, non chiedo la luna, ma solo qualcuno (per dirla alla Robert Burns) <<che rida con me, che mi sappia riprendere, che mi compiaccia e mi consigli, e che ogni tanto, certo, sappia ammirare il mio acume e l’ingegno>>. Ecco, ora penso di aver risposto alla tua domanda: soddisfatto?”. Daniele, intanto, la stava osservando: non aveva fatto altro da quando lei aveva iniziato a parlare. La guardava e provava un profondo senso di malinconia: Cristina era sempre stata la “pazza” della compagnia, aveva subito parecchie delusioni ma era sempre riuscita a riemergerne con coraggio. Di lei aveva sempre amato la sua forza, il suo parlar chiaro mentre lui... non aveva mai avuto il coraggio di confessarle che l’amava, anzi! Per nascondere i suoi sentimenti l’aveva sempre incoraggiata ad andare avanti nella storia con Davide e, poi, l’aveva lasciata partire, in quel freddo pomeriggio, senza dirle una parola, senza dirle: “Ti amo, per favore, resta!”. Si era sentito a pezzi, quel giorno. Dopo che il treno era partito, era rimasto un bel po’ di tempo a fissare la polvere sollevata sui binari. Le aveva nascosto le lacrime, per non lasciar trasparire nulla ma, rimasto solo alla stazione, sfogò la sua stupidità, la sua viltà. L’aveva persa! Dopo averla trovata, l’aveva lasciata andare: cosa ne sarebbe stato, ora, di lui? Gli sarebbe mancato il suo sorriso, le sue battute... le sue mani fredde! Chi gliele avrebbe riscaldate, adesso? A Milano, poi, che il clima era davvero rigido... chissà se lei l’avrebbe pensato, se avrebbe pensato a tutte le volte che, per riparare le sue mani dal vento, le aveva rifugiate fra le sue, sempre calde e pronte a proteggerla. Ed ora, in quel viale, passeggiando placidamente, lei gli stava rivelando la sua debolezza, la sua vulnerabilità: gli stava dicendo che aveva bisogno... di lui! “Com’è strana la vita - pensò Daniele - sembra si faccia beffe di noi. Come vorrei stringerla, farla mia ma... come faccio con Emiliana? Non merita questa delusione, però... Cristina... No, questa volta non la lascerò andare, non me la farò scappare un’altra volta”. Tutti quegli anni persi a cercare una donna che gli potesse trasmettere le stesse emozioni vissute con Cristina per poi non trovare niente e nessuna che le potesse, anche minimamente, somigliare: tutte erano troppo o troppo poco, nessuna era come lei: “Nemmeno Emiliana!” riflettè amaramente. Ora la sua Cristina era lì,  a due passi da lui, e gli stava provocando le stesse sensazioni degli anni passati. Non ci pensò oltre: le si parò davanti e la strinse a sé, con quanta forza aveva nelle braccia. Dal suo cuore era lui, ora, che le stava gridando la sua solitudine. Nelle sue vene il sangue gli pulsava forte e, così come le onde del mare in tempesta s’infrangono violentemente sugli scogli provocando piccole scosse sotto terra,  sentiva, adesso, che gli stava affluendo violentemente al cervello, provocando piccoli brividi che gli scuotevano il corpo, le braccia, le mani ma... niente, non la lasciava andare. Aveva passato troppo tempo a pensarla, a crederla felice con qualcuno che non fosse lui, ma ora, che aveva saputo che era sola, non poteva lasciarla partire un’altra volta, non senza averle prima detto che l’amava. Allentò un attimo la presa, quel poco che bastava per avvicinare il viso al suo e sussurrarle nell’orecchio, con l’emozione che gli spezzava la voce: “Cristina, io... ti amo, ti amo, ti Amo! Non ho mai avuto il coraggio di dirtelo, non mi consideravo all’altezza e sono stato uno stupido. Io avrei saputo come renderti felice, ci sarei stato io nelle tue notti fredde a riscaldarti ed invece... ti ho lasciato tremare, ti ho lasciato sola. Anch’io, come te, ho cercato in facili illusioni, in vuote donne-schermo, un qualcosa che mi facesse dimenticare te: il tuo sorriso, i tuoi occhi... tutto! Ma non ci sono riuscito, perdonami!”. Cristina non sapeva cosa dire. Stretta in quella morsa si sentì mancare il respiro ma non l’allontanò, anzi. Gli si fece ancora più vicino e l’abbracciò a sua volta. Lo strinse anche lei, gettandogli le braccia al collo. Ora stava respirando il suo profumo... una dolce fragranza che sembrò ubriacarla. Ascoltava stordita la sua voce, mentre le stava confessando quello che per anni avrebbe voluto sentirsi dire. Era partita tre anni prima, con un nodo alla gola, credendo che Daniele non l’amasse, che nutrisse per lei solo una profonda amicizia. Aveva provato a stuzzicarlo parlandogli di probabili “pretendenti”, cercando di farlo ingelosire ed invece lui... la incoraggiava! Con lui stava bene: si sentiva apprezzata, capita. Daniele riusciva sempre, con lo splendore del suo sorriso, ad accendere in lei la felicità. Questo perché lui sapeva prenderla in giro; sapeva consigliarla; sapeva farla felice! C’erano stati momenti in cui aveva creduto che anche lui la desiderasse e invece... arrivò il giorno della partenza e lui non fece niente per fermarla: sarebbe bastata una sua parola e lei sarebbe scesa da quel treno e non sarebbe più partita. Ma non era successo niente, lei se n’era andata e Daniele era rimasto alla stazione a salutarla, come tutti gli altri amici e, come se non bastasse, si era pure fidanzato. “Cucciolo, cosa stai dicendo? - lo rimproverò delicatamente, accarezzandogli i capelli - A Roma c’è una splendida ragazza che sta aspettando solo che tu ritorni da lei”
“No, no, no! Non dirmi così, per favore. Credevo di averti dimenticata e così ho voluto dimostrare a me stesso che ero capace di vivere una storia tutta mia, senza portarmi dietro il peso del tuo ricordo. Emiliana è, sicuramente, una ragazza fantastica, e mi sento un verme per quello che le sto facendo ma lei non è... non è te! Ho capito che ti amo ancora quando ti ho vista alla festa e sono dovuto uscire per evitare di commettere qualche sciocchezza, come, per esempio, abbracciarti e gridarti quello che sempre sognavo di dirti. Mi dispiace, credimi. Mi dispiace averti ora assalita in questo modo: non mi meraviglierei se adesso tu non volessi più vedermi!” “Stupidone! Possibile che non hai ancora capito che ti amo anch’io, per la miseria! Ti ho sempre amato ma tu sembravi non accorgertene, mi viziavi con parole e piccole attenzioni ma... niente più. La sera della festa, mi si è raggelato il sangue nel sentire che ti eri fidanzato con... quella lì. Sono andata via a quel modo perché stavo soffocando. Non riuscivo a sopportare l’idea di averti perso. Sono sempre stata gelosa della nostra affinità, del nostro <<intenderci al primo sguardo>>, ed ora era sopraggiunta una perfetta sconosciuta a portarti via. Vorrei prenderti a schiaffi...” ed invece lo baciò, una, due, mille volte, sulla bocca, sulle guance, sulla fronte e lo stesso fece lui, ancora incredulo per quello che si era sentito dire ma, certo di volersi godere appieno quel momento. “Ehi, guardate che gli sposi siamo noi!” sentirono gridare ad un tratto. Si voltarono e videro gli sposini, con il resto degli invitati, che li stavano osservando con sorrisetti maliziosi sulle labbra (Paola in prima fila). Si fecero di mille colori per l’imbarazzo ma, subito, scoppiarono a ridere: le ombre sul viso di Cristina erano sparite lasciando il posto a due occhi raggianti di felicità. “A proposito, - gli chiese tutt’a un tratto - ma perché non mi hai invitato alla tua laurea?”
“E come avrei potuto? Stavo ancora soffrendo per la tua partenza: rivederti avrebbe acuito le mie ferite ma, credimi, è stato un errore tremendo! Quel giorno, raggiunsi una tappa fondamentale della mia vita ma, senza te accanto, non sono riuscito nemmeno ad apprezzarla: saresti stata fiera di me!”
“Se è per questo, non preoccuparti: io sono sempre fiera di te!”
“Comunque, per il mio matrimonio non prendere impegni. Tu devi essere con me... sull’altare”
“Contaci!”.
Dopo due giorni Daniele l’accompagnò all’aeroporto e, questa volta, non era triste. Lei sarebbe tornata per l’ultima volta a Milano, per sistemare le sue cose, trovare un sostituto che potesse prendere il suo posto con i bambini e, quindi, ritornare da lui, per sempre. Presto ci sarebbe stato un altro matrimonio ma, questa volta, loro non sarebbero stati invitati.

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