mercoledì 25 gennaio 2012

Con te amico, Capitolo XI

“Dobbiamo sposarci ogni giorno
donandoci un amore infinito.
Sposarsi è accettarsi l’un l’altro
e unirsi l’uno all’altro.
Sposarsi è avere tutta la vita
per aiutarsi e completarsi amando.
Sposarsi non è solo camminare mano nella mano,
perché è facile unire i corpi,
ma è andare cuore a cuore,
perché è più difficile
amarsi con tenerezza”.
(K. Gibran)

I giorni trascorsero tranquillamente, senza che ci fossero grosse novità. Cristina approfittò del tempo a sua disposizione per andare a salutare tutti i suoi parenti che l’aspettavano e che, chi più chi meno, cercarono di convincerla a restare. Si volle godere appieno quei giorni di riposo, cercando di sfruttare tutti i ritagli di tempo che le restavano tra una faccenda e l’altra. Rivide, con piacere, alcuni cari amici del suo paese che, incontrandola, la salutarono festosamente, stupiti di vederla nuovamente su quelle strade. Insomma, ora dopo ora, giorno dopo giorno, era ormai giunto il momento del matrimonio e, quindi, la fine della vacanza. Come avevano detto al telegiornale, la sera prima, la giornata si preannunciava serena e tiepida, tipica temperatura primaverile. Non c’erano nuvole che minacciavano di rovinare la festa ed il sole aveva, ormai, fatto capolino dal mare. Tutto, quindi, sembrava perfetto. Alle sette e un quarto circa, un trillo di telefono fece cadere dal letto Cristina che stava, ancora, dormendo placidamente. “Pronto?” rispose con voce roca.
“Cristina, sono Marta. Non mi dire che stavi ancora dormendo?”
“Se vuoi non te lo dico ma, resta il fatto, che STAVO DORMENDO!!!”
“Senti, mi dispiace... ma devi assolutamente venire qua. Non trovo i guanti, mi si è sporcato il velo, il parrucchiere non arriva... insomma sono in preda al panico. Sbrigati a venire oppure non mi sposo!”
“Calmati! Mancano ancora cinque ore al matrimonio, c’è tutto il tempo...”
“No, no! Non ce n’è tempo... vedrai che non ce la farò mai ad arrivare puntuale”
“E sarebbe una novità?”
“Ma insomma, TI SBRIGHI A VENIRE???”
“E si, si. Dammi almeno il tempo di sciacquarmi il viso”
“Ti aspetto allora, ciao” e chiuse il telefono.
“Il buongiorno si vede dal mattino” pensò mentre, in tutta fretta, si sistemava per raggiungere l’amica.
Arrivata a casa di Marta, trovò tutti in preda all’agitazione assoluta: la madre correva per l’intera casa a cercare i guanti; una sorella che cercava di mandare via la macchia dal velo e l’altra che, allo specchio, provava, disperatamente, a tenerla ferma per poterla truccare; il padre, nel frattempo, teneva impegnati i fotografi che avevano montato i vari cavalletti e stavano aspettando per cominciare a scattare qualche foto. In tutto quel trambusto, Cristina aveva cominciato a perdere la ragione: non si capiva niente. Per forza che erano in preda al panico! Facendosi largo tra quella gente, raggiunse Marta che, sconsolata, se ne stava seduta su una sedia a piangere: “Non ce la farò mai! - piagnucolava - Non arriverò mai in tempo!”
“Senti, adesso basta. Tua madre ha già trovato un guanto e si trova sulla buona pista per scovare pure l’altro; il trucco ti starà d’incanto, la macchia è già sparita ed il parrucchiere, sicuramente, starà arrivando. Non hai alcun motivo di stare qui a piangerti addosso”
“Ho paura!”
“Ho capito! Adesso chiamo Marco e gli dico che non se ne fa niente... così vediamo se ti passa la paura!”
“Ma sei matta? Mi vuoi vedere morta, proprio il giorno del mio matrimonio?”
“Ti rammento che sono tornata per assistere al tuo matrimonio e non al tuo funerale... ma se continui così sarò io stessa ad ucciderti, con queste mani. Ne avanzi ancora una per stamattina. Ma io dico, non ti è passato per la mente che potessi ancora dormire? In effetti, a ben pensarci, è un’assurdità essere a letto alle sette del mattino, soprattutto se la sera prima si è andati a letto tardi... Perdonami se ho aspettato che mi telefonassi per venire: avrei dovuto prevederlo...”, diceva tutto questo in tono più che ironico, accompagnandosi con gesti ed inchini teatrali fin quando, finalmente, non sentì Marta ridere.
“Scusami, hai ragione... ma ero così nervosa che non ho proprio guardato l’orologio. Ma non è che ti addormenti durante la cerimonia?”
“Sarebbe bellissimo! Ci pensi? Mentre il sacerdote sull’altare ti dice: <<E tu, Marta, vuoi prendere...>>, io, seduta vicino a te, comincio a russare...”. Risero tutt’e due così tanto da non accorgersi che, nel frattempo, era arrivato il parrucchiere.
“Ora è meglio che vada. - le disse Cristina - Tu pensa a farti bella e, se quando arrivi in chiesa non mi vedi, vuol dire che sto dormendo”
“Permettiti e vedrai poi...”
Rientrata a casa, fu forte la tentazione di rimettersi a letto ma si erano già fatte le dieci, per cui dovette affrettarsi a darsi una sistemata. Dopo un buon caffè che, si augurò, la tenesse sveglia, si fece una doccia veloce quindi, vestendosi in tutta fretta, corse dal parrucchiere a farsi aggiustare i capelli che, il giorno prima aveva già tagliato. Si sbrigò in una mezzoretta: erano quasi le undici e le restava solo un’ora per vestirsi, truccarsi e raggiungere la chiesa. La madre le fece trovare il vestito già stirato, così che non dovette fare altro che indossarlo. Applicò un po’ di fondotinta sul viso, sottolineò il taglio degli occhi con un po’ di matita... passò il mascara sulla ciglia; un po’ di rossetto per dare colore alle labbra; indossò scarpe, soprabito e via, di corsa, al matrimonio: “Ma chi li ha inventati i tacchi alti?” sbottò mentre, traballante, faceva il suo ingresso in chiesa. Marco era già lì, col bouquet in mano a camminare avanti e indietro sull’altare, in un’agitazione tale che si poteva tagliare con le forbici. “Guarda che così consumi il tappeto!”, gli disse, andandogli incontro. Nel frattempo, erano arrivati quasi tutti gli invitati, compreso Daniele che aveva trovato posto qualche banco dietro di lei. Si scambiarono un sorriso, in segno di saluto, e, più di una volta, i loro sguardi s’incrociarono. Lui era impeccabile come sempre; ogni qual volta si girava a guardarlo, si ritrovava sempre i suoi occhi fissi su di lei. Paola, intanto, osservava la scena e rivolgeva all’amica sospiri e ammiccamenti, nella speranza che avesse cambiato idea. Ma niente nello sguardo di Cristina faceva sperare in un capovolgimento della situazione. Finalmente, dopo mezz’ora di ritardo, anche Marta arrivò. Tenendosi al braccio del padre, cadenzava ogni passo al ritmo della marcia nuziale. Era visibilmente agitata, mentre il padre, con i tratti del volto palesemente contratti, tratteneva a stento l’emozione. Giunta sull’altare, dopo il consueto scambio di bouquet, la cerimonia iniziò. Tutto si svolse nella più assoluta tranquillità. Ogni tanto, Cristina rivolgeva uno sguardo alla sposa che, però, non aveva ancora smesso di tremare ed era emozionata a tal punto che, quando si trattò di leggere la formula di consenso, la voce le tremò talmente tanto che si temette di dover interrompere il rito. Invece, tutto proseguì e, presto, l’atmosfera divenne più serena. Alla fine della messa, il sacerdote benedisse gli sposi e augurando ogni felicità, rivolse loro questo monito: “Fiducia e stima sono i due pilastri fondamentali dell’amore, senza i quali esso non può resistere; perché senza stima l’amore non ha alcun valore e senza fiducia non ha alcuna gioia. Abbiate, perciò, stima e fiducia l’uno dell’altro, e il vostro amore sarà eterno!”.
“Ci vuole, dunque, questo per rendere eterno un amore? - pensò Cristina - Fiducia e stima, quindi, sono gli elementi fondamentali? Io ho fiducia di lui e lo stimo molto, perciò.... ma cosa vado a pensare. In questo caso ci sono gli elementi ma manca tutto il resto: il sentimento! Peccato, sarebbe stato un buon inizio!”. Dopo che gli sposi salirono in macchina, anche lei, con Paola e Daniele, si avviò alla volta del ristorante. In fondo, stava bene anche così: era davvero un peccato sciupare la loro amicizia!

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