martedì 17 gennaio 2012

Con te amico, Capitolo V

“Quante miserie si dimenticano
di fronte al sorriso di una persona amica!
Nei giorni di tedio e di malinconia
basta spesso uno sguardo
per far rientrare in un’anima
la felicità della vita,
darle un coraggio che essa prima non conosceva”.
(Van Ginneken)

Alle otto in punto Paola passò a prendere Cristina. Le due amiche si corsero incontro abbracciandosi ripetutamente, come spesso si vede nelle scene romantiche di alcuni film. Dopo tre lunghi anni, finalmente, erano di nuovo insieme a ridere, scherzare... piangere! Ben si accordava loro una frase di Tolstoj: “Come una candela accende un’altra e così si trovano accese migliaia di candele, così un cuore accende un altro e così si accendono migliaia di cuori”.
“Che gioia rivederti” balbettò Paola, ingoiando lacrime a più non posso.
“Smettila di piangere - piagnucolò l’amica - altrimenti penseranno che ti ho presa a botte: non lo porti scritto che stai piangendo dalla gioia!”. Si asciugarono entrambe quei lacrimoni e, con gli occhi lucidi, salirono in macchina: la cara, dolce, vecchia Cinquecento. “Guarda un po’ cosa mi hai fatto fare! Ho impiegato un’ora, e dico un’ora, per sistemarmi in maniera decente e tu, in un attimo, mi hai fatto rovinare tutto... ma non è che stasera con noi c’è qualche tipo interessante? Sai com’è, così conciata lo farei scappare!”
“E sarebbe una novità? Anche ben truccata lo faresti scappare lo stesso: ti basterebbe gridare come solo tu sai fare... ricordi quel fatidico Capodanno? Che paura ci siamo prese con quel signore...”
“Già, e che paura si è preso lui quando mi ha sentito urlare in quel modo: ricordo ancora il salto e la faccia terrorizzata che fece! Ben gli sta! Così impara a spaventare le ragazze per bene come noi.”
“Ma non credi che stiamo parlando anche troppo degli sconosciuti? Non sarebbe meglio che cominciassi a raccontarmi qualcosa di bello? Per esempio... si fanno incontri interessanti a Milano?”
“Ahi! Ahi! La lingua batte dove il dente duole. No, mia cara, nel mio universo rosa non si aggira nessun maschio interessante, e nemmeno non interessante. Tutto tace! Ma, in fondo, è meglio così. La libertà oggi non ha prezzo ed io sono libera, libera...”
“Si, si, raccontala a qualcun altro. Voglio proprio vedere quando incontrerai la tua anima gemella se sarai tanto gelosa della tua libertà”.
“Senti, ma... dobbiamo parlare proprio di questo? E comunque, visto che parli tanto di anime gemelle, la tua dov’è?”
“In questo momento credo che sia uscita a fare una passeggiata con la tua!”. Scoppiarono entrambe in una fragorosa risata.
“Mi è venuta un’idea! - disse Cristina continuando a ridere - Perché non mettiamo un annuncio sul giornale << A.A.A. Svendita promozionale: due zitelle al prezzo di una!>>”. Continuarono a ridere per tutto il tragitto finchè, arrivate a casa di Paola, anziché fermarsi continuarono a camminare. “Ehi! Ma dove stiamo andando? Credevo restassimo a casa tua, stasera! Che cosa ha preparato la tua mente diabolica?”
“Tranquilla! Stiamo andando a prendere Daniele. Anche lui ti sta aspettando!”
“Allora sarà bene che mi prepari alla sequela di battute che mi farà. Comincerà col dirmi: <<E che sei tornata a fare? Si stava così bene senza di te! Ci sei stata troppo poco a Milano... ma almeno te ne andrai, oppure resterai qui a romperci le scatole?>>, dopodiché continuerà con tutte le sue litanie sulla nostra puerilità e sull’assurdità dei nostri risolini stupidi.”
“Non contarci tanto, sai?”
“Cosa significa? Non mi dire che è cambiato perché, tanto, non ci credo.”
“Fai come vuoi però, da quando sei partita, non ha più fatto discorsi del genere: è stato molto più tranquillo... per quel poco che c’è stato! Un mese dopo la tua partenza se n’è andato a Roma per completare gli studi e tornava giusto nei periodi di festa. Si è laureato nel giro di un anno: dovevi vedere come era tutto <<tirato>> per quell’occasione. Sai che gli hanno addirittura pubblicato la tesi? A proposito, ma perché tu non sei venuta? Speravo di incontrarti per quell’occasione e invece...”
“A dire il vero, non sono stata invitata”.
“Non è possibile! Ma davvero me lo stai dicendo? Strano, eppure ricordo perfettamente che mi disse che se l’era sentita del fatto che tu non fossi intervenuta... mi dispiace, se l’avessi saputo avrei evitato! Però è davvero strano...”
“Dai, non importa! - disse Cristina, cercando di nascondere un senso di delusione - Avrà sicuramente avuto le sue buone ragioni. Può anche essere che, nella frenesia dei preparativi, si sia dimenticato di me. Capita, sai? Comunque, stavi dicendo che, quindi, un po’ è cambiato”
“Più che altro non ha mai scherzato con nessuno come faceva con te. Poi, ti ripeto, per quel poco che c’è stato. In ogni caso lo vedrai pure tu, fra poco, anche perché siamo arrivati”.
“Scusa, ma si è trasferito? Questa non è la casa che ricordo io!”
“Ma la smetti di fare domande? Seguimi e basta!”
“Evviva la democrazia!”. Entrarono in un grande portone per accedere, poi, in una piccola porta interna. Dentro era tutto buio e, per poco, Cristina non inciampava in qualcosa che, una volta accesa la luce, si accorse che era un tappeto. “BENTORNATA!!!” si sentì un coro di voci urlare. Solo allora Cristina si rese conto di trovarsi davanti ad un enorme striscione che le dava il benvenuto dietro cui, tutti ammassati, c’erano i suoi amici che le andarono incontro a salutarla. Lì per  lì, non ebbe una visione chiara di chi ci fosse, anche perché, in quella confusione, si sentì più stordita che altro. Riavutasi un po’ dalla sorpresa e dall’imbarazzo si accorse che non mancava proprio nessuno: c’erano Marta e Marco, Alessandra e Stefano, Claudia e Federico... insomma tutti, o quasi! “Ma Daniele dov’è? Non è venuto?” chiese, con aria fremente, a Paola che, intanto, si stava guardando intorno per trovarlo. “Non so, eppure mi aveva detto che l’avremmo trovato già qui” Ad un tratto, in fondo alla sala, Cristina scorse un’ombra: era proprio lui. Aveva cambiato taglio di capelli, aveva tolto gli occhiali ma era sempre lui: fermo, con la schiena aderente al muro, stava sorseggiando una bibita e, intanto, si stava gustando la scena. “Daniele, ehi! Perché non sei venuto a salutarmi?” gli disse raggiungendolo. “Ciao, - le rispose con il suo solito fare un po’ freddo, “all’inglese” - ma si può sapere che sei tornata a fare? Stavamo così tranquilli senza di te...” Cristina si voltò in direzione di Paola, che li stava guardando, e le due amiche scoppiarono a ridere. “Ecco, non siete proprio cambiate! A trent’anni compiuti fate ancora questi giochetti puerili, con queste risatine stupide. Ma cosa avete, poi, da ridere così tanto...”. Istintivamente, Cristina l’abbracciò: “Bentrovato cucciolo! Sono davvero contenta che tu non sia cambiato. Mi era giunta all’orecchio una strana voce, secondo cui eri diventato più serio e invece... sei sempre il mio antipatico e acido cucciolotto. Dai, fammi compagnia: vieni con me a vedere cosa mi ha preparato quell’incosciente di Paola.”
“Preferirei restare qui, se non ti dispiace. Tutta questa confusione non fa per me, tu lo sai”
“Come preferisci!” gli rispose e, lasciatolo solo, Cristina andò da Marta per sapere come procedevano i preparativi: “Ti avevo telefonato oggi ma non c’eri ed ora capisco perché, anche se tua madre non mi ha detto niente di tutto ciò. Domani, quando verrò a trovarti, mi sentirà. Allora, come state? Ancora non ci credo che sabato vi sposate... in treno pensavo proprio a questo: sembra ieri che vi siete conosciuti ed ora... sono davvero felice per voi. Toh! Guarda un po’ qui - disse all’improvviso rivolgendosi a Marco - sembra che qualche superstite abbia trovato il modo di sopravvivere: sarà per lo shampoo?”. Risero e scherzarono per tutta la serata. Paola aveva  organizzato davvero alla perfezione quella festa di benvenuto. La sala era addobbata con palloncini colorati con su scritto: “Bentornata!”, alle pareti erano appesi tanti festoni e, al centro della stanza, un grande tavolo con ogni sorta di prelibatezza. A completare l’opera, un’enorme torta di panna montata su cui era scritto: “Non partire più!”. Fu il momento più emozionante; Cristina si sentì stringere il cuore e, per un attimo, accarezzò l’idea di restare, ma fu solo per un attimo. Poi, approfittando di un momento in cui nessuno badava a lei, sgattaiolò fuori a prendere un po’ d’aria ma, non appena uscì dal portone si accorse che qualcuno l’aveva preceduta. Appoggiato ad una macchina, Daniele se ne stava pensoso a fissare le stelle. “Stai aspettando che ne cada qualcuna? - gli disse, facendolo sobbalzare - Guarda che ancora ci vuole per la notte di S. Lorenzo!”
“Scusa, non ti avevo sentita arrivare”.
“Beh? Cos’è, adesso, quest’aria malinconica? Non ti stai divertendo? Dai, non ti disperare... lunedì riparto, così potrai tornare ad essere tranquillo”
“Vedo che non hai ancora imparato cos’è uno scherzo!”
“Diciamo che, senza le tue lezioni, mi sono persa per strada e diciamo pure che... mi sei mancato. - pronunciò questa frase senza avere il coraggio di guardarlo negli occhi - Ma lo sai che fa proprio freddo? Che ne dici se mi riscaldassi le mani?”
“Te l’ho detto che rompi... Su, dai qua. Mamma mia, ma sono congelate?”
“Ho saputo dei tuoi successi all’Università. Mi dispiace non averti fatto le congratulazioni prima ma... non ne sapevo niente”. Lui si limitò a fissarla senza dire niente e lei non andò oltre. Forse l’aveva messo in imbarazzo ma avrebbe voluto sapere il motivo per cui non era stata invitata. Tuttavia, poiché lui non diede segno di voler rispondere, abbandonò quell’idea e rimase, per un po’, in silenzio ad osservare le stelle insieme a lui. Dopo qualche minuto, udì un telefonino squillare. “Scusami  - le disse allontanandosi un po’ - è per me!”. Lo guardò andare via, mentre parlava al telefono con chissà chi. Rimasta sola, dunque, decise di rientrare, anche perché quell’aria fresca mal si accordava col suo vestitino. “Ah, sei qui! - le  disse Paola - ti stavo cercando.”
“Ero fuori con Daniele, poi ha ricevuto una telefonata e così sono rientrata”
“Sarà sicuramente Emiliana, la sua ragazza”
“Perché, è fidanzato?”
“Da un mesetto circa. Lei è di Roma e, sarà un’impressione, ma non mi sembra che vadano molto d’accordo. In ogni caso, lui non è felice per come dovrebbe. Ha sempre quell’aria così triste...”
“In effetti, l’ho notato anch’io: tutta la serata se n’è stato solo, appoggiato alla parete, con gli occhi malinconici. Forse sente la sua mancanza.”
“Sarà, però c’è qualcosa che non mi convince. Comunque non pensiamoci adesso”. Dopo che Paola si fu allontanata, Cristina rimase perplessa. Ripensava alle parole scambiate, poco prima, con l’amica e sentiva, dentro di sé, crescere un piccolo senso di angoscia: la notizia che Daniele si fosse fidanzato le aveva provocato una fitta al cuore, la stessa che aveva provato il giorno in cui era andata via. Dal finestrino del treno aveva visto i suoi amici ed i suoi familiari che la salutavano piangendo. Tutti... tranne lui, il suo cucciolo. Con lo sguardo fisso su di lei, non disse niente, non si scompose: non un sorriso, né una lacrima; solo due occhi gelidi che le oltrepassarono l’anima, per poi perdersi all’orizzonte. Aveva sofferto per quella sua freddezza, ma lui era fatto così: nascondeva i suoi sentimenti nella parte più profonda del suo cuore, dove nessuno avrebbe potuto scoprirli. Se poi, per puro caso, succedeva che qualcuno li portava alla luce, ecco che, sentendosi minacciato, subito lui si chiudeva ancora di più in se stesso, aggredendo il malcapitato con battutine fuori luogo e, alle volte, anche crudeli. Ed ora, si era fidanzato con una perfetta sconosciuta, rendendola così parte di quel suo misteriosissimo cuore: “Ma come ci sarà riuscita - pensò - a conquistarlo?”. Di nascosto dalla finestra, lo osservava parlare al telefono mentre lui, ignaro di quel suo interesse, discuteva pacatamente, senza tradire emozioni. Poi, d’un tratto, si voltò sorprendendola mentre lo fissava. Cristina sentì su di sé tutto il peso dei suoi occhi: abbassò lo sguardo, visibilmente imbarazzata, e tornò in sala, lasciandolo conversare tranquillo con la sua Emiliana.
Erano trascorsi circa cinque minuti, quando lui la raggiunse: aveva concluso la telefonata. La prese per un braccio e la tirò un po’ in disparte: “Perché mi spiavi?” le chiese.
“Non ti stavo spiando: stavo guardando... le stelle!”
“E le guardavi addosso a me?”
“Oh, come sei noioso! Piuttosto, ho saputo che ti sei fidanzato? Bravo, facciamo progressi... ma almeno lei è all’altezza? E poi, dove l’hai conosciuta?”
“Ci siamo conosciuti in ospedale, a Roma: io sto facendo la specializzazione e lei sta preparando la tesi di laurea. Così, parlando del più e del meno, abbiamo iniziato a frequentarci. Ogni tanto siamo usciti insieme, ma fra noi non c’è stato altro... per ora!”
“Quel <<per ora>> se lo poteva pure risparmiare!” pensò, mentre cercava di sfoderare il migliore dei suoi sorrisi. Sentiva nascere dentro un’insana gelosia e, sebbene non capisse, o non volesse capire, il perché sapeva che doveva fare di tutto per liberarsi di quella scomoda sensazione. Così, senza dargli modo di proseguire quella conversazione, rischiando di toccare punti per lei non troppo piacevoli, si congedò con una scusa e, allontanatasi a passo svelto, pregò Paola di riaccompagnarla subito a casa.
“Ma come, ti sei già stancata di noi?” sbottò l’amica.
“Sei la solita sciocchina! Ti ricordo che sono arrivata oggi pomeriggio e non mi sono riposata molto, per cui ora ho un tremendo mal di testa” mentì spudoratamente. Dovette farlo, d’altronde, perché improvvisamente si rese conto di non poter più stare lì, con gli occhi di Daniele fissi su di lei per cercare di capire perché, adesso, era così sconvolta.

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