martedì 31 gennaio 2012

Involtini di pollo ai funghi con salsa alla senape.

A molti il pollo non piace (compreso mio marito), io invece non so farne a meno.
Avendo comprato del petto di pollo ho cercato qualche nuova ricetta da sperimentare in modo da fare preparazioni diverse e sempre più appetitose.
Così, sul sito di giallozafferano ho trovato questa ricetta che ho convertito con il "dizionario" dukan.

Ingredienti
300g petto di pollo
100 g funghi freschi o surgelati
brodo di pollo
dado granulare
sale
1 confezione di arrosto di tacchino
1 spolverata di lievito alimentare
3 pomodori secchi
1 cipolla
3 cucchiai di vino bianco
3 cucchiai di latte scremato
2 cucchiaini di senape

Dukan, Fase Crociera, PV

In una padella antiaderente mettere i funghi e farli saltare un attimo con un pochino di brodo di pollo.
Nel frattempo, battere il petto di pollo col batticarne e spolverare ogni fetta con un pò di sale (io non l'ho messo).
Tagliuzzare i pomodori secchi (non quelli sott'olio mi raccomando!!!) e l'arrosto e aggiungerli ai funghi, insieme al lievito alimentare, facendoli cuocere ancora 5 minuti.
A questo punto, mettere una cucchiaiata di ripieno su ogni fetta, arrotolarla e fare l'involtino.
Spolverizzare la padella (in cui avevate cotto il ripieno) con del dado granulare e mettervi gli involtini a dorare.
Quando saranno rosolati da entrambi i lati, aggiungere un pò di brodo di pollo (una tazzina) e sfumare con il vino.
Proseguire con la cottura per circa 10 minuti.
In questo frangente, pulire e tritare una cipolla e metterla da parte. Trascorsi i 10 minuti, togliere gli involtini dalla padella e tuffarci dentro la cipolla, con un pochino di brodo, e farla imbiondire. Una volta divenuta trasparente, aggiungere il latte con la senape e sciogliere ben bene sul fuoco.
Quando si sarà formato il sughetto, rimetterci gli involtini e finire la cottura.
Mio marito si è leccato i baffi.


Buon appetito!!!

sabato 28 gennaio 2012

Con te amico, Capitolo XIII

"Ed eccoci arrivati all'ultimo capitolo del romanzo.
Inizialmente la fine era quella del capitolo scorso ma poi... qualcuno mi ha fatto riflettere che forse era una fine un pò banale, scontata e così... ecco qui la fine.
Spero vi sia piaciuto leggerlo come a me scriverlo.
Grazie a chiunque abbia perso 5 minuti al giorno per soffermarsi sul mio blog.
Nadia"

CAPITOLO XIII

“L’amore non aspetta le grandi occasioni,
sfrutta le piccole.
Non cercare gli uomini con la lanterna,
ma col cuore,
perché il loro cuore
si apre soltanto con l’amore.
Amare è sentire come propri
i desideri, le nostalgie e le tristezze dell’altro”.

Ho letto da qualche parte che: “Attendere: infinito del verbo amare, ovvero amare all’infinito!”. Ho atteso trent’anni perché arrivasse l’amore perfetto, l’anima gemella, in un’ansia crescente che bruciava, giorno dopo giorno, la mia vita. Adesso ho smesso di attendere: ho trovato il mio amore, ho trovato il mio infinito....
Cristina
Lesse e rilesse, avidamente, quelle parole fino a quando fu certo di averle ben impresse nella memoria. Non voleva dimenticare nemmeno una sillaba di quel pensiero che la sua Cristina gli aveva rivolto prima di morire in quel tragico incidente aereo.
Nessuno si era salvato e niente si era recuperato tra i rottami se non quel piccolo quadernetto, dai bordi bruciacchiati, su cui erano annotati pensieri, poesie, ricordi, frasi … già frasi!
E l’ultima era stata per lui.
La stava ripassando nella sua mente ora, in una follia crudele e ossessiva che gli strapazzava l’anima, scuotendolo con mille tremiti. Aveva il cuore rigonfio di rabbia, dolore, paura, sconforto, solitudine … ma era come paralizzato: per quanto si sforzasse, nemmeno una lacrima uscì dai suoi occhi.
“lei lo diceva sempre – gli confidò Paola fra i singhiozzi – Daniele dovrebbe sfogare di più i suoi sentimenti altrimenti rischia di scoppiare … ed aveva ragione. Butta fuori il veleno che hai dentro: lei lo apprezzerebbe!”
Con sguardo assente, lui guardava l’amica e, con occhi supplichevoli, continuava a chiedere: “Perché? Perché?”
“Chi vuoi che ti risponda! Certe cose accadono e a noi non resta altro da fare che accettarle e andare avanti. E’ dura per tutti, cucciolo, ma la cosa più tremenda è che, per noi, la vita deve continuare”.
“Già – pensò – deve continuare!”. Salutò l’amica, prese la macchina e raggiunse la sua Cristina là, dove avrebbe riposato per sempre. Inginocchiatosi, depose un fiore sulla sua lapide e riuscendo, finalmente, a dare libero sfogo al suo dolore, pianse tutte le lacrime che aveva in corpo.
“Hai visto piccola mia? Alla fine ci sei riuscita a farmi piangere ma tu, dolce eternità, non distogliere mai lo sguardo da me, che ho ancora tanto bisogno di te. Sei spirito libero, adesso, ed io ti respirerò ogni mattina, al sorgere del sole, per viverti nell’intero giorno, che saprà di te, e quando alla fine mi sarà dato di raggiungerti, nel silenzio della notte, sarà meraviglioso vedere, finalmente, l’eterno e l’infinito riunirsi per sempre!”

venerdì 27 gennaio 2012

Con te amico, Capitolo XII

“Fra i rumori della folla ce ne stiamo noi due
felici di essere insieme,
parlando poco,
forse nemmeno una parola”.
(Whitman)

La giornata, ormai, stava volgendo al termine. Parecchi ospiti si stavano già congedando dagli sposi, rinnovando loro gli auguri di ogni felicità e prospero avvenire. In lontananza, si poteva ammirare lo spettacolo del tramonto sul mare che rendeva tutta l’atmosfera ancora più suggestiva. Marta era raggiante: fra le braccia del suo “maritino” si stava godendo gli ultimi attimi di quella intensa giornata e, scrutandola negli occhi, si poteva ben capire quale ne sarebbe stato l’epilogo. Cristina contemplava, con aria assorta, tutte queste cose e, sebbene nutrisse una profonda felicità per l’amica, non potè nascondere un velo di tristezza che le offuscava il volto. Poco distante da lei, Daniele la stava osservando, in silenzio, cercando di capire cosa fossero quelle ombre sul suo viso. Fu così che le si avvicinò e le chiese spiegazioni. Cristina si volse verso di lui, non l’aveva più rivisto dopo quella sera, alla festa: “Non posso proprio nascondergli niente” pensò. Lo guardò attentamente, senza però dire una parola. Si soffermò sui suoi occhi, ne stava ammirando la profondità, piano piano scese ad osservare le sue labbra: carnose e sensuali. Adesso, stava considerando la sua impeccabile eleganza: indossava un abito grigio, di ottima fattura. Sotto al gilet, si intravedeva la camicia di seta, color avorio, le cui maniche terminavano con due finissimi gemelli d’oro che recavano incise le sue iniziali. Al polso aveva l’orologio che aveva sempre sognato: era riuscito, alla fine, a realizzare il suo rolex d’oro, con cassa blu cobalto che, anni prima, avevano intravisto in una vetrina. Del ragazzo disincantato che lei aveva conosciuto, adesso non c’era più niente: nonostante si stesse ancora specializzando, Daniele era diventato un ottimo medico, stimato da tutti. Insomma, non gli mancava proprio niente: era carino, intelligente, simpatico... di qualità ne aveva davvero tante: “Quell’Emiliana ha fatto proprio centro” pensò. Riemergendo dai suoi pensieri, si accorse che l’amico era ancora di fronte a lei in attesa di una risposta. Si alzò, dunque, pigramente, si stiracchiò con fare decisamente poco elegante e, quindi, gli fece cenno di seguirla. S’incamminarono lungo il viale che fiancheggiava la strada, lei lo teneva per un braccio, proprio come era solita fare in passato e, per un pezzo, passeggiarono in silenzio ammirando la bellezza degli alberi appena fioriti. Ad un certo punto, Cristina prese la parola e cominciò a raccontare la storia che, in fondo, Daniele conosceva già: “Quando Marta conobbe Marco, io ero fidanzata con Lorenzo da parecchi anni, ormai. Tutti scommettevano su di noi, come fossimo due cavalli purosangue in attesa di vincere qualche corsa. Ci chiedevano quando ci saremmo sposati, dove saremmo andati ad abitare, quanti figli avremmo voluto, ecc.. Mi piaceva rispondere a ciascuna di quelle domande con sincerità e amore, programmando, in cuor mio, quello che sarebbe stato il giorno più bello della mia vita. Desideravo tanti figli e, per questo, volevo sposarmi al più presto: in fondo, lui già lavorava ed io stavo per laurearmi, per cui non avremmo dovuto aspettare poi tanto. Quando la gente ci incontrava per la strada ci indicava come la coppia perfetta che mai avrebbe sofferto crisi... ed invece. Come ben sai, lui mi lasciò qualche tempo dopo ad inseguire sogni ben lontani dalla mia ingenuità e dalla mia più focosa fantasia. Ricordi come stavo male quando vi incontrai quella sera, sul corso ? Ero sola, e stavo piangendo: Paola mi si avvicinò, chiedendomi cosa fosse successo, ed io scoppiai in un pianto convulso, in mezzo alla strada, balbettando : “Mi ha lasciata!”. Ancora non riesco a dimenticare lo stupore delle vostre facce. Se non fosse stato per le mie lacrime, avreste pensato ad un scherzo, ma io non stavo scherzando! Da qui in poi, più o meno, la mia storia la conosci, c’eri anche tu. Eri presente quando “m’innamorai” di quel Davide.. ricordi con quanto entusiasmo ne parlavo? Quanti biglietti che gli scrissi... e ricordi Paola come mi accompagnava nelle mie bravate? Eravate tutti entusiasti di quella storia, ma non ho mai capito se la vostra felicità derivava dalla speranza che io uscissi fuori dal mio passato oppure dal fatto che Davide vi piacesse davvero. Mi gettaste letteralmente fra le sue braccia! Così mi beccai una seconda delusione. A quel punto non ce la feci più e partii. Che tristezza, quel giorno, alla stazione... eravate tutti mesti anzi, non proprio tutti. Tu, ad esempio, non mi dicesti nulla, non mi hai nemmeno considerata: sembravi un estraneo. Comunque, mentre il treno mi portava lontano dalla mia casa e da voi, io ripensavo ai vostri volti: non volevo dimenticarmeli! Uno per uno, vi “ripassai” nella mia mente e, per ognuno di voi, piansi calde lacrime. Al mio arrivo, Milano mi risultò molto fredda e inospitale: ben lontana dal calore del nostro sole e dall’immensità del nostro mare. Appesi alle pareti della mia nuova casa poster e quadri che mi ricordassero, continuamente, i nostri paesaggi e ad un angolo sistemai un grande pannello di sughero, su cui attaccai tutte le vostre foto e le vostre lettere. Man mano che il tempo trascorreva, cominciai ad ambientarmi: conobbi gente, mi tuffai nel lavoro e, ahimè, allacciai relazioni alquanto sterili e vacue, con la speranza di colmare i miei vuoti. Ma adesso, che sono tornata e vi ho ritrovati, dopo aver testimoniato delle nozze di Marta ed aver toccato con mano la loro felicità... beh, non posso non riflettere sulla mia vita e sentirmi turbata. Sposarmi con Lorenzo, lo riconosco, sarebbe stato un grave errore di cui mi sarei pentita presto e per sempre ma... i miei sogni sono spariti lo stesso. Avrei voluto avere tanti figli, ma ho già trent’anni ed il mio principe azzurro sembra aver perso la strada di casa. La notte, nel mio letto, mi stringo nelle spalle sperando che il freddo passi ma, a volte, trascorro tutto il tempo a fissare il soffitto ed a tremare per la mia solitudine. Ho sempre in mente una frase di Germano Squinzi, che lessi tempo fa e che, più o meno, diceva: <<Certe volte ho paura, paura di non incontrare mai qualcuno con cui tutto sarà bello. Qualcuno che voglia dalla vita tutto ciò che può dare. Qualcuno che sappia che c’è sempre una canzone più bella da cantare>>. In fondo, non chiedo la luna, ma solo qualcuno (per dirla alla Robert Burns) <<che rida con me, che mi sappia riprendere, che mi compiaccia e mi consigli, e che ogni tanto, certo, sappia ammirare il mio acume e l’ingegno>>. Ecco, ora penso di aver risposto alla tua domanda: soddisfatto?”. Daniele, intanto, la stava osservando: non aveva fatto altro da quando lei aveva iniziato a parlare. La guardava e provava un profondo senso di malinconia: Cristina era sempre stata la “pazza” della compagnia, aveva subito parecchie delusioni ma era sempre riuscita a riemergerne con coraggio. Di lei aveva sempre amato la sua forza, il suo parlar chiaro mentre lui... non aveva mai avuto il coraggio di confessarle che l’amava, anzi! Per nascondere i suoi sentimenti l’aveva sempre incoraggiata ad andare avanti nella storia con Davide e, poi, l’aveva lasciata partire, in quel freddo pomeriggio, senza dirle una parola, senza dirle: “Ti amo, per favore, resta!”. Si era sentito a pezzi, quel giorno. Dopo che il treno era partito, era rimasto un bel po’ di tempo a fissare la polvere sollevata sui binari. Le aveva nascosto le lacrime, per non lasciar trasparire nulla ma, rimasto solo alla stazione, sfogò la sua stupidità, la sua viltà. L’aveva persa! Dopo averla trovata, l’aveva lasciata andare: cosa ne sarebbe stato, ora, di lui? Gli sarebbe mancato il suo sorriso, le sue battute... le sue mani fredde! Chi gliele avrebbe riscaldate, adesso? A Milano, poi, che il clima era davvero rigido... chissà se lei l’avrebbe pensato, se avrebbe pensato a tutte le volte che, per riparare le sue mani dal vento, le aveva rifugiate fra le sue, sempre calde e pronte a proteggerla. Ed ora, in quel viale, passeggiando placidamente, lei gli stava rivelando la sua debolezza, la sua vulnerabilità: gli stava dicendo che aveva bisogno... di lui! “Com’è strana la vita - pensò Daniele - sembra si faccia beffe di noi. Come vorrei stringerla, farla mia ma... come faccio con Emiliana? Non merita questa delusione, però... Cristina... No, questa volta non la lascerò andare, non me la farò scappare un’altra volta”. Tutti quegli anni persi a cercare una donna che gli potesse trasmettere le stesse emozioni vissute con Cristina per poi non trovare niente e nessuna che le potesse, anche minimamente, somigliare: tutte erano troppo o troppo poco, nessuna era come lei: “Nemmeno Emiliana!” riflettè amaramente. Ora la sua Cristina era lì,  a due passi da lui, e gli stava provocando le stesse sensazioni degli anni passati. Non ci pensò oltre: le si parò davanti e la strinse a sé, con quanta forza aveva nelle braccia. Dal suo cuore era lui, ora, che le stava gridando la sua solitudine. Nelle sue vene il sangue gli pulsava forte e, così come le onde del mare in tempesta s’infrangono violentemente sugli scogli provocando piccole scosse sotto terra,  sentiva, adesso, che gli stava affluendo violentemente al cervello, provocando piccoli brividi che gli scuotevano il corpo, le braccia, le mani ma... niente, non la lasciava andare. Aveva passato troppo tempo a pensarla, a crederla felice con qualcuno che non fosse lui, ma ora, che aveva saputo che era sola, non poteva lasciarla partire un’altra volta, non senza averle prima detto che l’amava. Allentò un attimo la presa, quel poco che bastava per avvicinare il viso al suo e sussurrarle nell’orecchio, con l’emozione che gli spezzava la voce: “Cristina, io... ti amo, ti amo, ti Amo! Non ho mai avuto il coraggio di dirtelo, non mi consideravo all’altezza e sono stato uno stupido. Io avrei saputo come renderti felice, ci sarei stato io nelle tue notti fredde a riscaldarti ed invece... ti ho lasciato tremare, ti ho lasciato sola. Anch’io, come te, ho cercato in facili illusioni, in vuote donne-schermo, un qualcosa che mi facesse dimenticare te: il tuo sorriso, i tuoi occhi... tutto! Ma non ci sono riuscito, perdonami!”. Cristina non sapeva cosa dire. Stretta in quella morsa si sentì mancare il respiro ma non l’allontanò, anzi. Gli si fece ancora più vicino e l’abbracciò a sua volta. Lo strinse anche lei, gettandogli le braccia al collo. Ora stava respirando il suo profumo... una dolce fragranza che sembrò ubriacarla. Ascoltava stordita la sua voce, mentre le stava confessando quello che per anni avrebbe voluto sentirsi dire. Era partita tre anni prima, con un nodo alla gola, credendo che Daniele non l’amasse, che nutrisse per lei solo una profonda amicizia. Aveva provato a stuzzicarlo parlandogli di probabili “pretendenti”, cercando di farlo ingelosire ed invece lui... la incoraggiava! Con lui stava bene: si sentiva apprezzata, capita. Daniele riusciva sempre, con lo splendore del suo sorriso, ad accendere in lei la felicità. Questo perché lui sapeva prenderla in giro; sapeva consigliarla; sapeva farla felice! C’erano stati momenti in cui aveva creduto che anche lui la desiderasse e invece... arrivò il giorno della partenza e lui non fece niente per fermarla: sarebbe bastata una sua parola e lei sarebbe scesa da quel treno e non sarebbe più partita. Ma non era successo niente, lei se n’era andata e Daniele era rimasto alla stazione a salutarla, come tutti gli altri amici e, come se non bastasse, si era pure fidanzato. “Cucciolo, cosa stai dicendo? - lo rimproverò delicatamente, accarezzandogli i capelli - A Roma c’è una splendida ragazza che sta aspettando solo che tu ritorni da lei”
“No, no, no! Non dirmi così, per favore. Credevo di averti dimenticata e così ho voluto dimostrare a me stesso che ero capace di vivere una storia tutta mia, senza portarmi dietro il peso del tuo ricordo. Emiliana è, sicuramente, una ragazza fantastica, e mi sento un verme per quello che le sto facendo ma lei non è... non è te! Ho capito che ti amo ancora quando ti ho vista alla festa e sono dovuto uscire per evitare di commettere qualche sciocchezza, come, per esempio, abbracciarti e gridarti quello che sempre sognavo di dirti. Mi dispiace, credimi. Mi dispiace averti ora assalita in questo modo: non mi meraviglierei se adesso tu non volessi più vedermi!” “Stupidone! Possibile che non hai ancora capito che ti amo anch’io, per la miseria! Ti ho sempre amato ma tu sembravi non accorgertene, mi viziavi con parole e piccole attenzioni ma... niente più. La sera della festa, mi si è raggelato il sangue nel sentire che ti eri fidanzato con... quella lì. Sono andata via a quel modo perché stavo soffocando. Non riuscivo a sopportare l’idea di averti perso. Sono sempre stata gelosa della nostra affinità, del nostro <<intenderci al primo sguardo>>, ed ora era sopraggiunta una perfetta sconosciuta a portarti via. Vorrei prenderti a schiaffi...” ed invece lo baciò, una, due, mille volte, sulla bocca, sulle guance, sulla fronte e lo stesso fece lui, ancora incredulo per quello che si era sentito dire ma, certo di volersi godere appieno quel momento. “Ehi, guardate che gli sposi siamo noi!” sentirono gridare ad un tratto. Si voltarono e videro gli sposini, con il resto degli invitati, che li stavano osservando con sorrisetti maliziosi sulle labbra (Paola in prima fila). Si fecero di mille colori per l’imbarazzo ma, subito, scoppiarono a ridere: le ombre sul viso di Cristina erano sparite lasciando il posto a due occhi raggianti di felicità. “A proposito, - gli chiese tutt’a un tratto - ma perché non mi hai invitato alla tua laurea?”
“E come avrei potuto? Stavo ancora soffrendo per la tua partenza: rivederti avrebbe acuito le mie ferite ma, credimi, è stato un errore tremendo! Quel giorno, raggiunsi una tappa fondamentale della mia vita ma, senza te accanto, non sono riuscito nemmeno ad apprezzarla: saresti stata fiera di me!”
“Se è per questo, non preoccuparti: io sono sempre fiera di te!”
“Comunque, per il mio matrimonio non prendere impegni. Tu devi essere con me... sull’altare”
“Contaci!”.
Dopo due giorni Daniele l’accompagnò all’aeroporto e, questa volta, non era triste. Lei sarebbe tornata per l’ultima volta a Milano, per sistemare le sue cose, trovare un sostituto che potesse prendere il suo posto con i bambini e, quindi, ritornare da lui, per sempre. Presto ci sarebbe stato un altro matrimonio ma, questa volta, loro non sarebbero stati invitati.

Lasagne di zucchine

Piatto ricco, unico e buonissimo.

Ingredienti
Una porzione di ragù preparato con la ricetta che trovate qui
1 confezione di linessa o 200 g di fb
2 cucchiai di latte
lievito alimentare
3 zucchine (in alternativa si possono usare quelle grigliate surgelate)
3 fette di arrosto di tacchino (ho usato quelle dell'aia che ha fette larghe)
Dukan: Fase Crociera, PV

Per prima cosa pulire le zucchine, tagliarle a fette nel senso della lunghezza e grigliarle.

Nel frattempo preparare una simil besciamella mescolando il formaggio con il latte fino ad ottenere appunto la "besciamellosa" consistenza.


In una teglia da forno mettere un pò di besciamella, quindi fare uno strato con le zucchine,

 

mettere un pò di ragù, una fetta di arrosto, un cucchiaio di besciamella ed una spolverata di lievito alimentare.

Continuare fino ad esaurire gli ingredienti avendo cura di chiudere con il ragù.
Infornare a 180° per 20/25 min.

Buon appetito!!!

mercoledì 25 gennaio 2012

Gelatine di frutta

Questa ricetta non è dietetica ma è molto utile per chi ha figli che amano le caramelle...
Facilmente si possono fare in casa ai gusti che più piacciono e sicuramente più genuine.

Ingredienti
10 cucchiai di succo di frutta (si può anche fare in casa, ma questa è un'altra ricetta eheheh)
2 cucchiai di succo di limone
200 g di zucchero
12 g di gelatina in fogli

Mettere sul fuoco il succo di frutta col succo di limone e lo zucchero e far bollire una mezz'oretta.


 Togliere dal fuoco e aggiungere la gelatina preventivamente messa in ammollo in acqua fredda (ricordo, per chi non lo sapesse, che deve stare 10 minuti in ammollo) quindi mettere il composto in stampini di silicone.


Far raffreddare in frigo (io ho usato il davanzale della finestra) quindi passare nello zucchero e gustare.



Buon appetito!!!

Con te amico, Capitolo XI

“Dobbiamo sposarci ogni giorno
donandoci un amore infinito.
Sposarsi è accettarsi l’un l’altro
e unirsi l’uno all’altro.
Sposarsi è avere tutta la vita
per aiutarsi e completarsi amando.
Sposarsi non è solo camminare mano nella mano,
perché è facile unire i corpi,
ma è andare cuore a cuore,
perché è più difficile
amarsi con tenerezza”.
(K. Gibran)

I giorni trascorsero tranquillamente, senza che ci fossero grosse novità. Cristina approfittò del tempo a sua disposizione per andare a salutare tutti i suoi parenti che l’aspettavano e che, chi più chi meno, cercarono di convincerla a restare. Si volle godere appieno quei giorni di riposo, cercando di sfruttare tutti i ritagli di tempo che le restavano tra una faccenda e l’altra. Rivide, con piacere, alcuni cari amici del suo paese che, incontrandola, la salutarono festosamente, stupiti di vederla nuovamente su quelle strade. Insomma, ora dopo ora, giorno dopo giorno, era ormai giunto il momento del matrimonio e, quindi, la fine della vacanza. Come avevano detto al telegiornale, la sera prima, la giornata si preannunciava serena e tiepida, tipica temperatura primaverile. Non c’erano nuvole che minacciavano di rovinare la festa ed il sole aveva, ormai, fatto capolino dal mare. Tutto, quindi, sembrava perfetto. Alle sette e un quarto circa, un trillo di telefono fece cadere dal letto Cristina che stava, ancora, dormendo placidamente. “Pronto?” rispose con voce roca.
“Cristina, sono Marta. Non mi dire che stavi ancora dormendo?”
“Se vuoi non te lo dico ma, resta il fatto, che STAVO DORMENDO!!!”
“Senti, mi dispiace... ma devi assolutamente venire qua. Non trovo i guanti, mi si è sporcato il velo, il parrucchiere non arriva... insomma sono in preda al panico. Sbrigati a venire oppure non mi sposo!”
“Calmati! Mancano ancora cinque ore al matrimonio, c’è tutto il tempo...”
“No, no! Non ce n’è tempo... vedrai che non ce la farò mai ad arrivare puntuale”
“E sarebbe una novità?”
“Ma insomma, TI SBRIGHI A VENIRE???”
“E si, si. Dammi almeno il tempo di sciacquarmi il viso”
“Ti aspetto allora, ciao” e chiuse il telefono.
“Il buongiorno si vede dal mattino” pensò mentre, in tutta fretta, si sistemava per raggiungere l’amica.
Arrivata a casa di Marta, trovò tutti in preda all’agitazione assoluta: la madre correva per l’intera casa a cercare i guanti; una sorella che cercava di mandare via la macchia dal velo e l’altra che, allo specchio, provava, disperatamente, a tenerla ferma per poterla truccare; il padre, nel frattempo, teneva impegnati i fotografi che avevano montato i vari cavalletti e stavano aspettando per cominciare a scattare qualche foto. In tutto quel trambusto, Cristina aveva cominciato a perdere la ragione: non si capiva niente. Per forza che erano in preda al panico! Facendosi largo tra quella gente, raggiunse Marta che, sconsolata, se ne stava seduta su una sedia a piangere: “Non ce la farò mai! - piagnucolava - Non arriverò mai in tempo!”
“Senti, adesso basta. Tua madre ha già trovato un guanto e si trova sulla buona pista per scovare pure l’altro; il trucco ti starà d’incanto, la macchia è già sparita ed il parrucchiere, sicuramente, starà arrivando. Non hai alcun motivo di stare qui a piangerti addosso”
“Ho paura!”
“Ho capito! Adesso chiamo Marco e gli dico che non se ne fa niente... così vediamo se ti passa la paura!”
“Ma sei matta? Mi vuoi vedere morta, proprio il giorno del mio matrimonio?”
“Ti rammento che sono tornata per assistere al tuo matrimonio e non al tuo funerale... ma se continui così sarò io stessa ad ucciderti, con queste mani. Ne avanzi ancora una per stamattina. Ma io dico, non ti è passato per la mente che potessi ancora dormire? In effetti, a ben pensarci, è un’assurdità essere a letto alle sette del mattino, soprattutto se la sera prima si è andati a letto tardi... Perdonami se ho aspettato che mi telefonassi per venire: avrei dovuto prevederlo...”, diceva tutto questo in tono più che ironico, accompagnandosi con gesti ed inchini teatrali fin quando, finalmente, non sentì Marta ridere.
“Scusami, hai ragione... ma ero così nervosa che non ho proprio guardato l’orologio. Ma non è che ti addormenti durante la cerimonia?”
“Sarebbe bellissimo! Ci pensi? Mentre il sacerdote sull’altare ti dice: <<E tu, Marta, vuoi prendere...>>, io, seduta vicino a te, comincio a russare...”. Risero tutt’e due così tanto da non accorgersi che, nel frattempo, era arrivato il parrucchiere.
“Ora è meglio che vada. - le disse Cristina - Tu pensa a farti bella e, se quando arrivi in chiesa non mi vedi, vuol dire che sto dormendo”
“Permettiti e vedrai poi...”
Rientrata a casa, fu forte la tentazione di rimettersi a letto ma si erano già fatte le dieci, per cui dovette affrettarsi a darsi una sistemata. Dopo un buon caffè che, si augurò, la tenesse sveglia, si fece una doccia veloce quindi, vestendosi in tutta fretta, corse dal parrucchiere a farsi aggiustare i capelli che, il giorno prima aveva già tagliato. Si sbrigò in una mezzoretta: erano quasi le undici e le restava solo un’ora per vestirsi, truccarsi e raggiungere la chiesa. La madre le fece trovare il vestito già stirato, così che non dovette fare altro che indossarlo. Applicò un po’ di fondotinta sul viso, sottolineò il taglio degli occhi con un po’ di matita... passò il mascara sulla ciglia; un po’ di rossetto per dare colore alle labbra; indossò scarpe, soprabito e via, di corsa, al matrimonio: “Ma chi li ha inventati i tacchi alti?” sbottò mentre, traballante, faceva il suo ingresso in chiesa. Marco era già lì, col bouquet in mano a camminare avanti e indietro sull’altare, in un’agitazione tale che si poteva tagliare con le forbici. “Guarda che così consumi il tappeto!”, gli disse, andandogli incontro. Nel frattempo, erano arrivati quasi tutti gli invitati, compreso Daniele che aveva trovato posto qualche banco dietro di lei. Si scambiarono un sorriso, in segno di saluto, e, più di una volta, i loro sguardi s’incrociarono. Lui era impeccabile come sempre; ogni qual volta si girava a guardarlo, si ritrovava sempre i suoi occhi fissi su di lei. Paola, intanto, osservava la scena e rivolgeva all’amica sospiri e ammiccamenti, nella speranza che avesse cambiato idea. Ma niente nello sguardo di Cristina faceva sperare in un capovolgimento della situazione. Finalmente, dopo mezz’ora di ritardo, anche Marta arrivò. Tenendosi al braccio del padre, cadenzava ogni passo al ritmo della marcia nuziale. Era visibilmente agitata, mentre il padre, con i tratti del volto palesemente contratti, tratteneva a stento l’emozione. Giunta sull’altare, dopo il consueto scambio di bouquet, la cerimonia iniziò. Tutto si svolse nella più assoluta tranquillità. Ogni tanto, Cristina rivolgeva uno sguardo alla sposa che, però, non aveva ancora smesso di tremare ed era emozionata a tal punto che, quando si trattò di leggere la formula di consenso, la voce le tremò talmente tanto che si temette di dover interrompere il rito. Invece, tutto proseguì e, presto, l’atmosfera divenne più serena. Alla fine della messa, il sacerdote benedisse gli sposi e augurando ogni felicità, rivolse loro questo monito: “Fiducia e stima sono i due pilastri fondamentali dell’amore, senza i quali esso non può resistere; perché senza stima l’amore non ha alcun valore e senza fiducia non ha alcuna gioia. Abbiate, perciò, stima e fiducia l’uno dell’altro, e il vostro amore sarà eterno!”.
“Ci vuole, dunque, questo per rendere eterno un amore? - pensò Cristina - Fiducia e stima, quindi, sono gli elementi fondamentali? Io ho fiducia di lui e lo stimo molto, perciò.... ma cosa vado a pensare. In questo caso ci sono gli elementi ma manca tutto il resto: il sentimento! Peccato, sarebbe stato un buon inizio!”. Dopo che gli sposi salirono in macchina, anche lei, con Paola e Daniele, si avviò alla volta del ristorante. In fondo, stava bene anche così: era davvero un peccato sciupare la loro amicizia!

martedì 24 gennaio 2012

Con te amico, Capitolo X

“Nessuna medicina è più preziosa,
più efficace e più adatta
a curare ogni nostra sventura,
di un amico
al quale poterci rivolgere per conforto
nei momenti di smarrimento,
e col quale poter condividere
la felicità
nei momenti di gioia”.

Dopo aver banchettato a base di pesce ed aver fatto fuori tutto il dolce,  Paola, Valentina e Cristina si ritirarono nella stanza di quest’ultima per spettegolare su tutto ciò che era successo in quei tre lunghi anni. Si raccontarono delle rispettive attività professionali; degli studi; delle soddisfazioni e delle delusioni... insomma, si dissero tutto quello che c’era da dire per colmare i vuoti che la lontananza aveva creato. Risero e piansero; guardarono fotografie e ricordarono i momenti che le avevano viste insieme: erano stati davvero tanti e, ognuna di loro, li ricordava perfettamente, nei minimi particolari, perché erano stati proprio questi ricordi a farle sentire più vicine. Ad un certo punto, approfittando di un attimo di pausa in cui Cristina stava scegliendo un Cd da ascoltare in sottofondo, Paola prese la parola, richiamando all’attenzione dell’amica la promessa che le aveva fatto prima di pranzo. Valentina, ignorando l’argomento di discussione, guardava incuriosita le due amiche, ansiosa di sapere cosa fosse successo: conosceva, infatti, molto bene entrambe per capire che la questione si era fatta seria. Anche lei aveva intuito che ci fosse qualcosa, nella cugina, che non andava. Lo aveva capito dal suo sguardo: era triste! Aveva già visto quell’espressione nei suoi occhi ed era stato, qualche anno prima, quando Cristina le aveva chiesto aiuto per superare quei brutti momenti.
“Allora, mi dici che cosa è successo con Daniele?”
“Ma cosa vuoi che sia successo? Niente, non c’è stato proprio niente.”
“Senti, credi che solo perché sei stata lontana per un po’, io abbia smesso di capirti? Si vede lontano un miglio che mi stai nascondendo qualcosa... o lo stai nascondendo a te stessa?”
“Okay, mi arrendo. Ma te lo dico ad una condizione: che tu non mi prenda in giro... e neanche tu” disse poi, rivolgendosi alla cugina.
“Promesso!” risposero in coro.
“Non è facile parlarne, sapete? Io stessa non sono sicura che sia proprio così... può essere che mi sbagli... sapete com’è... può succedere... in fondo, siamo esseri umani...”
“Si sta facendo notte, vuoi arrivare al dunque?”
“Il fatto è che credo di essermi innamorata... di Daniele. Si lo so, è ridicolo, anch’io stento a crederci... ma credo che sia così. Ieri sera fremevo nell’attesa di vederlo e quando tu mi hai detto che si era laureato senza dirmi niente... beh, ci sono rimasta male. Poi, quando l’ho visto, ho sentito dentro di me una strana euforia: pensavo fosse dovuta all’atmosfera che si era creata con tutti voi, invece... non appena mi hai detto che si era fidanzato... mi è passata, lasciando il posto ad un senso di angoscia che mi stava serrando la gola. Per questo sono andata via: non riuscivo a stare lì con quel magone che cominciava a pesarmi. Mi dispiace averti rovinato la festa ma...”
“Sei sempre la mia cara, piccola, dolce pasticciona! Tanto per cominciare, l’avevo capito, e non da ora. Vi vedevo, quando uscivamo: stavate bene insieme, vi si leggeva in faccia. C’era, fra di voi, un’intesa troppo bella. Mi chiedevo quanto ci sarebbe voluto perché ve ne accorgeste pure voi. Ero convinta che sareste finiti insieme invece... ad un certo punto, hai deciso di scappare, di andartene via... a Milano. Fino all’ultimo ho sperato che l’uno o l’altro vi decideste a parlare, a confessarvi i vostri sentimenti, ma non è successo. Tu sei salita su quel treno e lui... rimase qui. Ora, dopo tre anni, dopo che lui ha trovato una compagna, tu arrivi e mi dici, finalmente, che ne sei innamorata. E te lo sei preso il tempo per capirlo! Ti strozzerei...”
“Se fosse stato davvero innamorato di me, mi avrebbe fermata...”
“Già! Nello stesso, identico modo di come tu, pur amandolo, sei partita lo stesso.”
“Oh, insomma! Ormai è fatta! Non posso certo tornare indietro. Tanto fra qualche giorno riparto e finisce tutto”.
“Brava! Complimenti! Continua a scappare, mi raccomando. Lo vuoi capire, si o no, che i problemi non si risolvono fuggendo via? Cavoli! Se davvero ne sei innamorata, come dici, allora resta e diglielo. Hai la possibilità di essere felice e, soprattutto, di rendere lui felice, perché non la sfrutti?”
“Non credi di dimenticare qualcosa? Giusto un trascurabilissimo dettaglio: ormai E’ FIDANZATO!!!! E’ troppo tardi, basta! Come credi che ci stia a dirti queste cose?  Pensi che mi faccia piacere? Sono stata sveglia tutta la notte a pensarci: pensavo a lui come ad un amico ma stanotte ho pianto per lui, non avrei mai pensato di poterlo amare, ma è così... ho un peso qui, sul cuore, che tu neanche immagini”.
“Ma non puoi, almeno, provare? Cosa ti costa?”
“Mi costa che non mi va di sentirmi dire, per l’ennesima volta, che per me non c’è posto. Mi dispiace, Paola, ma non è proprio possibile. Preferisco così, almeno nessuno dei due si farà male”
“Ne sei sicura? Tanto per iniziare, credo che tu te ne sia fatto già abbastanza! Ragiona...”
“Senti, mi hai chiesto di dirti cosa avevo ed io l’ho fatto però, ora, l’argomento è chiuso. Non ne voglio più parlare, okay?”
“Come vuoi tu... però...” Paola stava per continuare, quando si accorse che dagli occhi di Cristina stavano scendendo due piccole lacrime: “Dai, non fare così... vedrai che tutto si sistema! Sono convinta che una soluzione ci sarà: a costo che lo tiro dalle orecchie”
“Sentite, voi mi dovete promettere una cosa: tutto quello che vi ho appena detto, non deve uscire fuori dalle mura di questa stanza. Non voglio che lui lo sappia. Ho sempre creduto che le ragioni del cuore vengano prima di ogni altra cosa, e così facendo ho sempre perso le persone che consideravo importanti. Questa volta non dovrà essere così, perché Daniele conta davvero tanto per me e mai, dico mai, sopporterei di vederlo andare via. Almeno, non dicendogli nulla, so che rimarrà sempre il mio caro amico: il mio adorato cucciolo”.

domenica 22 gennaio 2012

Ragu' dukan veloce

Quella che vi sto per postare è la ricetta del ragù alla bolognese che ormai, da quando ho iniziato la dieta, faccio spesso.
Devo dire che fino a poco tempo fa non conoscevo assolutamente la comodità della cucina nel forno a microonde ma poi, grazie a Tupperware, ho imparato pian piano a preparare vari piatti e il tempo che si risparmia (oltre che all'energia) è impressionante.
Il ragù è uno di questi piatti. Certo, se mi vedesse mia nonna che, da buona siciliana, fa quel ragù fantastico che cucina ore, ore ed ore, probabilmente mi ucciderebbe ma credetemi che è veramente buono. Prima della dieta lo cucinavo con tutti gli ingredienti "giusti" al posto "giusto" ma adesso anche la versione dietetica devo dire che non è niente male.

Ingredienti
400 g di trita magra di vitello
1 cipolla
1 sedano
1 carota
una scatola di polpa di pomodoro o una bottiglia di passata di pomodoro
sale
basilico

Dukan: Crociera, PV

In un contenitore per la cottura in microonde, ho messo il trito "per soffritto" (solo la cipolla perchè il resto non l'avevo) ed ho fatto andare il micro 1 min alla max potenza.

                                                                                                
(prima)                                                                          (dopo)

Quindi, ho aggiunto la carne, il sale e gli odori ed ho fatto andare 2 min. max potenza.



Infine, ho schiacciato la carne con lo schiacciapatate, così da evitare le classiche pallettone di carne che si formano, ed ho aggiunto il pomodoro. Ho mescolato ed ho fatto andare per 5' alla max potenza. Ho tolto la pentola, ho dato un'altra mescolata ed ho finito di cuocere per altri 2 min. sempre alla max potenza.

Buon appetito!!!

Con te amico, Capitolo IX

“La felicità è un profumo
che non puoi donare agli altri
senza che qualche goccia
cada su di te”
(Ralph Waldo Emerson)

Il senso di malinconia, che l’aveva afferrata a casa di Marta, continuò a farle compagnia per buona parte della mattina fino a quando, all’ora stabilita, Paola si presentò alla sua porta, portando con sé una ventata di buonumore e di serenità. “Ecco qui il tuo rotolo - le disse, trionfante, mentre le porgeva il vassoio ben confezionato - e guarda che te lo devi mangiare tutto!”
“Per questo non c’è problema: comincio subito! - rispose, aprendo il pacchetto ed addentandone una prima fetta - E’ troppo buono!”
“Cristina, ma che fai? - intervenne la madre - E quasi ora di pranzo e tu mangi dolci? Oh, ciao Paola... come stai? A casa stanno tutti bene?”
“Buongiorno signora, si... stanno tutti bene, grazie”
“Allora, la smetti di ingozzarti di nutella?”
“Uffa, mamma. Mi dici dove sta scritto che bisogna cominciare a pranzare con la pasta? Io comincio dal dolce!”
“Perché sei la solita storta!”
“Credo che la colpa sia mia, signora. L’ho portato io il dolce”
“No, tu non c’entri niente... è che anche se ha trent’anni, è sempre la solita... Ecco, brava! Ti sei sporcata il maglione di cioccolata”
“Non fa niente: ora mi vado a cambiare... Te ne vieni?” disse, rivolgendosi a Paola.
“Tua madre ha ragione però: non cambi mai!”
“Quante storie per una fetta di torta... lo sai che non resisto!”
“Comunque, io il rotolo l’ho portato, adesso tocca a te: avanti, sputa fuori il rospo!”.
“A quale rospo ti riferisci?”.
“Su, non fare l’indifferente, lo sai a cosa, anzi a chi mi riferisco”.
“E se ne parlassimo dopo pranzo? Lo sai che non mi piace interrompere i discorsi che inizio”.
“E va bene però, dopo, me lo devi dire”.
“Te lo prometto. Ora però vedi se ti piace questa cosa che ho fatto per te - tirò fuori da un cassetto una piccola pergamena e la diede all’amica - e poi non dire che non ti penso!”.
Paola aprì con cura quel regalo e, mentre leggeva, si poteva notare l’emozione che quelle parole avevano su di lei: si capiva benissimo che stava trattenendo le lacrime. “E’ bellissima! Grazie...ma davvero sono tutto questo per te?”
“Se non lo fossi stata non te l’avrei detto né, tantomeno, scritto”.
“Anch’io voglio sapere cos’è!” esclamò una voce alle loro spalle.
“Valentina! E tu che ci fai qui? Quando sei arrivata?”
“Secondo te non venivo a salutare la mia cugina preferita? Ciao Paola, ci sei anche tu?”. Trovarsi di fronte la sua “cuginottera” così, all’improvviso, fu, per Cristina, una magnifica sorpresa. Le era molto legata e, spesso, era andata a trovarla a Firenze dove studiava. Nonostante Valentina fosse più piccola di lei di nove anni, ci si era trovata sempre bene. Andavano abbastanza d’accordo  e, soprattutto, era un’ottima confidente: anche lei, come Paola, Marta e tutti gli altri, le era stata vicino nei momenti più tristi e questo era servito ad unirle ancora di più.
“Allora, sto ancora aspettando... mi dite cosa c’è scritto su quel foglio?”
“E’ una poesia di Elena Oshiro - rispose Paola - ed è bellissima. Ora te la leggo:
Amico: perché sei il legame che unisce ma non imprigiona.
Amico: perché sei la stella che guida ma non abbaglia.
Amico: perché sei il torrente che disseta ma non affoga.
Amico: perché sei la brezza che placa ma non addormenta.
Amico: perché sei sguardo che scruta ma non giudica.
Amico: perché sei silenzio che riceve ma non opprime.
Amico: perché sei la parola che previene ma non tormenta.
Amico: perché sei fratello che corregge ma non umilia.
Amico: perché sei un mantello che copre ma non soffoca.
Amico: perché sei l’oasi che ristora ma non trattiene.
Amico: perché sei il cuore che ama ma non esige.
Amico: perché sei immagine di Dio, appunto per questo.
Bella, vero?”
“Non sapevo di avere una cugina così profonda, complimenti!”
“Bando alle ciance, adesso, e andiamo a mangiare: ho talmente tanta fame che mi mangerei... tutto il rotolo alla nutella!”

sabato 21 gennaio 2012

Con te amico, Capitolo VIII

“Cosa significa amarsi
se non prendersi per mano
e improvvisamente volare?”

Dopo essersi ristorata con una tiepida doccia, Cristina pensò ai vari impegni che l’aspettavano in quel giorno e cominciò ad assolverne qualcuno. “Innanzi tutto chiamo quell’“esaurita” e le dico di venire a pranzo da me, poi telefono a Marta per avvisarla che vado a trovarla e poi... andando vedendo”. Seduta sulla poltroncina della sua stanza, con le gambe “elegantemente” poggiate sulla scrivania, prese l’apparecchio telefonico e compose il numero di Paola: “Buongiorno, pazza!!! Com’è che sei già in piedi? Ti hanno tirato giù dal letto?”
“Come siamo simpatici a prima mattina... dormito bene?”
“Non tanto, a dire il vero, pazienza... credo che sia dovuto al fatto di avere cambiato letto” mentì.
“Sicuramente! Succede anche a me. Allora, ti è piaciuta la sorpresa di ieri? Te l’aspettavi?”
“Certamente non credevo che saresti arrivata a tanto però... devo ammettere che è stata proprio una bellissima sorpresa: non mancava nessuno. Mi dispiace che, purtroppo, sono dovuta andare via in quel modo ma, credimi, non ce la facevo più: ero troppo stanca...”
“Sei sicura che è stato solo per la stanchezza?”
“Cosa vorresti dire?”
“Niente... diciamo che, guarda caso, ti sei stancata dopo aver saputo del fidanzamento di Daniele: c’è rimasto male che sei andata via.”
“Brutta, perfida <<serpe>>, come dice sempre Alessandra. Non mi credi?”
“Per carità, ci mancherebbe altro... solo... mi era sembrato... mah! Lasciamo perdere...”
“Si, si, è meglio. Senti, ti avevo telefonato per chiederti se volevi pranzare a casa mia. Mia madre cucina le orate al cartoccio e, solo in tuo onore, ci saranno pure i peperoni ripieni al forno che ti piacciono tanto. A completare l’opera, un meraviglioso polipo, da me personalmente acquistato stamattina all’alba, preparato ad insalata. Ti va?”
“Ceerto che si! Come si può dire di no a tanta squisitezza? Ma dimmi una cosa: che ci facevi all’alba in pescheria?”
“E chi ha parlato di pescheria? Sono uscita a fare una corsetta sul lungomare e poi sono scesa un po’ sulla spiaggia. Mentre stavo camminando sulla riva, due pescatori stavano scaricando dalla barca una rete piena di pesci ed io... mi sono innamorata di questo polipo.”
“Ho capito! Sei rimasta la solita gironzolona. Senti, ma ci sarà pure Daniele?”
“No, non credo che glielo dirò, perché?”
“Niente, così... eppure sento che mi stai nascondendo qualcosa... me lo dirai dopo?”
“Non ti sto nascondendo niente, comunque ne parliamo quando sarai qui. Ora sto andando da Marta: non vedo l’ora di vedere l’abito da sposa. Ci vediamo per mezzogiorno?”
“Va benissimo! Allora... a più tardi.”
“Un’ultima cosa: che ne dici di portare quel buonissimo rotolo alla nutella che mi piace tanto tanto?”
“Vada per il rotolo però... poi mi dici cos’è successo col cucciolo?”
“Si, si... sei convinta... comunque a dopo”
“Ciao”
“Ma guarda un po’! - riflettè Cristina - E’ possibile che mi si legga in faccia tutto quello che mi passa per la mente, ed ora come le dico che il problema  è che mi sono innamorata di... no, no... cosa vado a pensare... IO NON SONO INNAMORATA DI NESSUNO! - sbottò all’improvviso, alzandosi di scatto e guardandosi allo specchio - Proprio di nessuno... meno che meno di Daniele”. Sollevò, nuovamente, la cornetta del telefono e, questa volta, parlò con Marta: “Ehilà, sposina! Sto arrivando a casa tua: fatti trovare pronta”. Senza neanche attendere la risposta, chiuse il telefono, indossò la giacca ed uscì. La giornata era serena: il cielo era terso e il sole, ormai assiso sul suo trono di nuvole, emanava caldi raggi che illuminavano la superficie del mare. Le previsioni del tempo avevano assicurato belle giornate per tutta la settimana, questo faceva ben sperare per sabato: non c’è niente di più bello che sposarsi in un tiepido giorno primaverile. Arrivò presto a casa di Marta che, come sempre, non era ancora pronta così, anziché uscire, preferirono restare a casa. Con la scusa, Cristina sbirciò fra i vari regali che avevano ricevuto e, dopo aver avuto la delusione di non poter vedere il vestito, restò ancora un po’ a parlare con l’amica: “Ti senti emozionata? - le chiese - Sai, ti ho pensato tanto, in questi giorni... Sono davvero felice per te e Marco: non vedo l’ora che arrivi sabato... sarai bellissima!”
“Ho tanta paura, a dire il vero. Il matrimonio è un passo importante... e se non ne fossi all’altezza? E se non riuscissi a dare a Marco la felicità che si aspetta e che merita? E se non fossi la persona adatta a lui?”
“Sentimi bene, piccola! Tu e Marco state insieme da ben quattro anni: ti pare che se tu non fossi stata la persona giusta... lui ti avrebbe chiesto di sposarlo?”
“E questo cosa c’entra? Pure tu e Lorenzo... scusami, non dovevo!”
“Non preoccuparti: è acqua passata ormai. Hai ragione, io e Lorenzo abbiamo impiegato ben nove anni per capire che le cose non andavano ma... mi sai dire che attinenza ha, questo, con te? Non siamo tutti uguali... E’ comprensibile che tu adesso abbia tanta paura: mi sarei meravigliata del contrario... ma il tutto sta nel non lasciarsi prendere dal panico. Può darsi che avrete dei problemi; qualche volta litigherete; altre, invece, farete la pace, e così via, in un crescendo di vita che vi accompagnerà fino alla morte. L’essenziale è che siate pronti a mettere ognuno la vostra vita nelle mani dell’altro. Deve essere un dono totale, unico... meraviglioso. Non avere paura che fallisca, ma impegnati perché riesca e per riuscire occorre che tu, continuamente, ricominci daccapo, come fosse il primo giorno. Ti ho osservato, in questi anni. La cosa di cui sono più che convinta è la sincerità del vostro amore. L’ho visto nascere e crescere piano piano: è stato un continuo maturare, ricordi? Avete iniziato da amici, perché lui non ne voleva sapere di te, e così avete avuto il tempo di conoscervi, disinteressatamente, di imparare a comunicare e, tu lo sai bene, il dialogo è la linfa vitale di ogni relazione. Non è, però, sempre facile comunicare con il proprio prossimo, ma voi ci siete riusciti e in maniera del tutto naturale. Tu fai il confronto con me e Lorenzo ma... non c’è proprio paragone: noi due non abbiamo mai, e sottolineo mai, comunicato. Questo perché non abbiamo mai imparato a farlo e, quindi, nessuno dei due aveva ancora capito che, alla base della comprensione reciproca, occorre spesso parlare meno ed ascoltare di più. Invece, questo voi lo avete capito benissimo e lo mettete in pratica ogni giorno. Quindi, mi sai dire perché devi avere paura? Certo, se tu avessi imparato a cucinare sarebbe stato meglio... per lui, ma si abituerà”.
“Spiritosa! Guarda che ho già cucinato per lui e ti posso assicurare che ha gradito.”
“Allora che problema hai? Se ha superato questo... supererà tutto il resto. Scherzi a parte, stai tranquilla! Andrà tutto bene e, se dovessi avere bisogno... sai dove trovarmi!”
“Ti ringrazio, ma sarei stata più tranquilla se tu non te ne fossi andata a Milano. Piuttosto, a te le cose come vanno? Speravo di vederti in compagnia di qualche giovanotto ed invece...”
“Non è facile trovare la persona giusta... ed anche quando l’hai trovata, non è detto che puoi cantare vittoria... A volte, succede che ti accorgi che ce l’hai vicino quando è, ormai, troppo tardi”
“Ti riferisci a qualcuno in particolare?”
“Si, a Daniele. Quello sciagurato si è fidanzato proprio ora che mi ero accorta di lui!”, avrebbe voluto gridare all’amica ma, trattenendosi, le rivolse, semplicemente, un sorriso malinconico, quindi, raccolte le sue cose, la salutò: “Si è fatto tardi e, fra poco, dovrebbe arrivare Paola: pranza da me! Salutami tanto i tuoi e Marco... ci vediamo” e, baciatala, andò via.

Tonno Croccante

Ecco una ricetta molto saporita che richiede poco tempo e pochi ingredienti.

Ingredienti
1 filetto di tonno (ho usato quello surgelato)
sesamo
5 cucchiai di salsa di soia
1/2 bicchiere di aceto balsamico

Dukan: attacco, crociera

Dopo aver ben scongelato il filetto di tonno, passarlo nel sesamo (non occorre bagnarlo nell'uovo perchè si attacca bene lo stesso),

metterlo in una padella antiaderente e coprire in modo che il filetto si cucini bene senza indurirsi.


Nel frattempo, in un pentolino, mettere la salsa di soia e l'aceto e farli bollire fino a farli ridurre della metà.


Quando il filetto sarà pronto, impiattarlo e irrorarlo con la salsa.....

BUON APPETITO!!!!!!!

Con te amico, Capitolo VII

“Per aprire gli occhi
ci può volere tutta la vita.
Vedere, però,
accade in un lampo”.
(Proverbio cinese)

Nonostante la stanchezza, Cristina non chiuse occhio. Si girava e rigirava in quel letto, pensando al suo cucciolo. Come aveva fatto a non capire prima che ne era innamorata?  Se, anziché tormentarsi con i suoi fallimenti, si fosse guardata meglio accanto, avrebbe capito in tempo che, in fondo, la “profezia” delle tombolate si era avverata per lei, perché l’anima gemella l’aveva avuta, da sempre, vicino. Invece se n’era andata, eliminando così ogni possibilità di realizzare i suoi sogni. “Però, com’è la vita. - pensò - Sono andata via di qua, facendo soffrire tutti e soffrendo io stessa, con la speranza di trovare altrove ciò che cercavo. Per tre anni ho frequentato gente diversa, convinta che prima o poi avrei fatto centro, e invece... sono dovuta tornare qui, nella mia terra, dai miei amici, per scoprire che la felicità l’avevo a due passi da me. Ma, ormai, è troppo tardi.” Angosciata da quel pensiero, scoppiò a piangere chiedendosi perché le cose dovevano mettersi sempre male. In fondo, a Milano, non pensava a lui, perché ora aveva dovuto incontrarlo di nuovo? Perché se n’era accorta solo adesso? E chi era, poi, questa Emiliana... cosa aveva avuto di così accattivante per lui? Si sentiva, veramente, depressa, per cui cercò di allontanare quei tristi pensieri leggendo un po’. Trovò, fra gli scaffali della sua vecchia libreria, un piccolo libricino che, quasi a voler rispondere a tutte le domande che le si stavano affollando nella testa, le offrì un ottimo spunto di riflessione. Le si presentò, infatti, dinanzi agli occhi una poesia di Edgar Lee Master:
Un senso alla vita
L’amore mi si offrì e io
mi ritrassi dal suo inganno;
il dolore bussò alla mia porta
e io ebbi paura;
l’ambizione mi chiamò
ma io temetti gli imprevisti.
Malgrado tutto avevo fame
di un significato nella vita.
E adesso so che bisogna
alzare le vele
e prendere i venti del destino
dovunque spingano la barca.
Dare un senso alla vita
può condurre alla follia
ma una vita senza senso
è la tortura
dell’inquietudine
e del vero desiderio
è una barca che anela al mare
eppure lo teme”.
La lesse tutta d’un fiato, cercando risposte ai suoi insistenti perché! Fu così che, scorrendo, numerose volte, quelle righe, giunse l’alba.  Alzandosi svogliatamente dal letto, si recò sul balcone in camicia da notte, per gustarsi lo spettacolo. Aveva quasi dimenticato la maestosità e lo splendore del sole che sorge dalle acque del mare: un globo infuocato che si fa largo tra i flutti, per emergere piano piano e raggiungere, così, quel cielo, freddo della notte, che aspetta ansioso che prenda dimora tra le sue nuvole. Così, estasiata da tanto splendore, dimenticò presto le sue afflizioni e, riscaldandosi al tepore di quell’alba, decise di indossare presto una tuta per uscire a fare un po’ di jogging. Con le cuffie nelle orecchie, che le trasmettevano le dolci note di “Whenever you call” di Mariah Carey, corse a perdifiato, sul Lungomare deserto, respirando la fresca aria mattutina. Era piacevole sentire il vento tra i capelli che, scompigliandosi, le provocavano dolci carezze sul viso. Si sentiva leggera, mentre correva a passo ben cadenzato e sempre uguale: avrebbe voluto volare ma... non era poi così leggera! Quando, poi, si sentì mancare il fiato, si fermò e scese sulla spiaggia per camminare sul bagnasciuga, con i piedi immersi nell’acqua tiepida del mattino. Respirò a pieni polmoni quell’aria marina quindi, cominciò a tirare sassolini in mare per vedere se era ancora capace di farli saltare più volte a pelo d’acqua. Intanto, si stava avvicinando a riva una piccola barca con sopra due uomini che tornavano dalla pesca notturna. Visionò, avidamente, la loro merce per poi acquistare un grosso polipo da preparare in insalata. Col suo bel fagotto sulle spalle, rientrò a casa e, tutta contenta, si precipitò a fare vedere alla mamma, che stava facendo colazione, quello che aveva comprato: “La prepari quella buonissima insalata che sai fare tu? A pensarci, ho già l’acquolina in bocca... Ho fatto bene a prenderlo, vero? Oppure avevi in mente qualcos’altro?”
“Veramente, avevo pensato di cucinare le orate al cartoccio, che ti piacciono tanto. Non credo che tu ne abbia mangiate tante a Milano.”
“In effetti, ne ho dimenticato pure il sapore... ma non possiamo fare tutt’e due le cose? In questi giorni, ho deciso di rimpinzarmi di tutte le cose buone che sai fare. Non m’importa di ingrassare, tanto ho tutto il tempo per dimagrire. Posso dire a Paola di venire a pranzo?”
“Certamente. Se vuoi puoi invitare anche Daniele. Stai così poco che è meglio che approfitti di ogni momento per stare con loro.”
“Grazie, ma credo che lo dirò solo a Paola”, rispose abbassando lo sguardo.
“Ehi! Cos’è successo? Non mi dire che hai già litigato con lui, come sempre.”
“No, no. Si è fidanzato, per cui non credo che verrà e poi, devo andare pure da Marta, quindi non è proprio il caso di dirglielo”.
“Fai come vuoi... Comunque, a scanso di equivoci, sappi che anche se sei stata lontana per un po’, io resto sempre tua madre e riesco a leggere nei tuoi occhi meglio di chiunque altro.”
“Si può sapere cos’è questa puzza che si sente?”
“Buongiorno papà! Sempre di buonumore, eh? Sono uscita a fare una corsetta ed ho comprato questo polipo fresco fresco. Bello, vero?”
“Come no? Soprattutto a prima mattina, quando le persone civili fanno colazione, non c’è niente di più appetitoso di un polipo morto che appesta una cucina.”
“Uffa, come sei esagerato. Non cambi mai!” borbottò Cristina, mentre usciva dalla cucina per andare a farsi una doccia. “Sarà meglio che mi sbrighi - pensò - se non voglio arrivare tardi a casa di Marta”.