mercoledì 14 marzo 2012

E alla fine arriva... un premio!

Internet, si sa, è una grande risorsa... oltre a diffondere "potenzialmente" ciò che vogliamo nell'universo degli internauti, ci offre la possibilità di fare amicizie spesso non solo virtuali.
Così è che grazie ad Internet ho conosciuto loro, le mitiche Laura e Stefy creatrici del blog www.mammachetorte.com che, con la loro semplicità, simpatia e disponibilità mi hanno dato davvero tanto.
Tra le altre cose, mi hanno conferito anche questo premio che ho molto gradito e così lo metto subito


Adesso non mi resta che dire 7 cose di me (ommammiasantissima!!!) e passare il testimone ad altri 15 blogger...
Iniziamo
1) sono una mamma fortunata ad avere due gioielli per pupi (non hanno ancora iniziato a far casino e quindi sono in buona ;-))
2) mi piace darmi da fare e fare bene
3) il mio motto è: fai quello che devi fare ma fallo con passione o non sarà una cosa buona
4) ultimamente mi piace pasticciare con pasta di zucchero e cioccolato (alla faccia della dieta)
5) mi piace cucinare e sperimentare cose nuove
6) mi piace avere una cucina corredata (forse troppo) di utensili e attrezzi utili
7) una mia passione è cercare di aiutare chi è in difficoltà, soprattutto i miei alunni, e non mi dò per vinta fino a quando non ci sono riuscita.

Ufffffff, ce l'ho fatta.....
Adesso il prossimo step sono i 15 blogger....
per questo passaggio mi riservo di selezionare i miei 15 blog preferiti sperando di non duplicare loro il premio.
GRAZIEEEEEEEEEEEEEE

domenica 11 marzo 2012

Lecca Lecca "generosi"

Ieri pomeriggio sono stata alla festa del secondo compleanno della figlia di una mia amica, nonchè maestra di cake.... Ai bambini ha poi regalato un simpaticissimo lecca lecca a forma di Minù (la dolcissima gattina degli aristogatti) tutto in pasta di zucchero.
Dovendo preparare dei dolcetti per la vendita di beneficenza della scuola, ho pensato bene di rubarle l'idea e preparare un mix di personaggi amati dai bambini, ognuno rigorosamente sul suo bastoncino.
Eccoli qui.....

Under construction....









venerdì 2 marzo 2012

Capitolo V


“ Amare, venire spesso feriti e amare di nuovo :
questa è la vita coraggiosa e felice.”
(S. E. Buckrose)

Trascorse circa una settimana, da quella sera, senza che ci fossero state novità esaltanti. L’unico episodio nuovo, infatti, fu che Diana era riuscita ad avere il suo numero di telefono. Lo ripose gelosamente nel portafogli, quindi, cominciò a preparare i bagagli: tutta la famiglia, infatti, stava per partire per la consueta vacanza d’agosto, in montagna. “Un mese passa in fretta”  pensò tra sé e sé mentre, con la macchina, si lasciava alle spalle il suo mare, i suoi amici ... il suo Gabriele. Giunse a destinazione che era ormai sera ; giusto il tempo di disfare la valigia e poi, “a nanna”. Aveva fretta di stendersi sul letto e pensare... sognare. Prima di prendere sonno rivolse una preghiera al suo Signore affinché stesse vicino a quel dolcissimo angelo biondo e, subito, si addormentò. Il giorno dopo conobbe Isabella, una ragazza pacioccona con due grandi occhi dolci, che la prese subito in simpatia. Diana sentì che si poteva fidare di lei e così cominciò ad uscirci insieme. Dopo pochi giorni erano diventate amiche per la pelle, unite da un grande affetto ed una profonda stima.
Fu così che, una sera, Diana raccontò alla sua amica della dolorosa esperienza vissuta con Edoardo; dei brutti momenti che aveva trascorso e che, anche se più raramente, stava ancora vivendo ; della speranza che era nata dopo quel sogno e, quindi, del suo Gabriele. Si capiva bene, da quelle parole, che c’era in lei un’immensa voglia di ricominciare ; l’ardente desiderio di tornare ad amare ma, questa volta, la persona giusta. Le raccontò di come avesse perso anche la passione per la poesia : lei, che aveva sempre amato comporre inni che inneggiassero all’amore, alla vita, adesso non riusciva più nemmeno a tenere la penna in mano. Si soffermò, con una nota di dolore, sul giorno dell’addio e su quello della scoperta della verità e, prese, nuovamente, a piangere per quell’umiliazione così profonda che, sicuramente, non meritava. L’amica l’ascoltava attenta, in un misto di dolore e tenerezza. Non riusciva a capire come avessero potuto farle tutto quel male, con quale coraggio la si era tradita così spudoratamente. Non sapeva cosa dire, ma qualcosa doveva pur fare e così, all’improvviso, esordì : “Perché non usi quel numero di telefono ?”. Diana la guardò incredula : non capiva se stesse scherzando oppure facesse sul serio. Non aveva mai pensato all’ipotesi di una telefonata ; aveva, si, conservato il numero ma, certamente, non per usarlo. Tuttavia, si accorse che l’idea la stuzzicava e non poco. In fondo, non avrebbe dovuto dirgli per forza chi era, per cui, se fosse andata male, lei non avrebbe rischiato nulla e nessuno avrebbe potuto prenderla in giro o, peggio ancora, parlare male di lei. “Ci penserò, prometto : stasera ci penserò !”. Dopo cena andò subito a coricarsi : infatti, nella solitudine della sua stanza riusciva a isolarsi dal mondo e pensare, finalmente, a se stessa. Cercò mille ragioni che la distogliessero dall’idea di telefonargli ma nessuna di queste le sembrò valida. Decise, pertanto, di chiamarlo la sera successiva : avrebbe finalmente sentito la sua voce e, chissà, magari avrebbe anche capito che genere di persona fosse.
Trascorse la notte in bianco ma, questa volta, non per i soliti incubi che la ossessionavano, bensì perché cercava di immaginare cosa avrebbe potuto dire l’indomani al suo angelo. Cercava di costruire un discorso che fosse, il più possibile, sensato. Le avrebbe sicuramente chiesto come si chiamava e lei, cosa avrebbe risposto ? Certamente non poteva dirgli il suo vero nome : doveva inventarsene uno al più presto ! Federica, si, gli avrebbe detto che si chiamava Federica : le era sempre piaciuto questo nome e, poi, le ricordava una sua vecchia compagna di scuola con cui aveva condiviso tante belle esperienze ; era convinta che le avrebbe portato fortuna. Certo, non era un bell’esordio : iniziare con una bugia non era certo il massimo della vita, ma doveva pur tutelarsi in qualche modo. Nel piccolo centro dove abitavano le voci facevano in fretta a circolare e, il più delle volte, circolavano sempre nel senso sbagliato. Sicuramente, se la cosa fosse andata avanti fra di loro, lui le avrebbe perdonato questa piccola falsità altrimenti... che angelo era ?
Sentì rumori provenire dalla cucina e capì che doveva essersi fatto giorno. Si alzò e vide la madre che stava preparando la colazione :
“Buongiorno, dormito bene questa notte ?”, la mamma le stava sorridendo ed, intanto, scrutava sul suo volto per trovarvi i segni dell’insonnia.
“Buongiorno. Non preoccuparti, ho dormito” mentì, ma proprio non sapeva come spiegarle che le ragioni della sua veglia, questa volta, erano state ben altre.
In tarda mattinata telefonò ad Isabella per comunicarle la sua decisione e per prendere accordi per la serata. Dall’altra parte del filo l’amica si complimentava con lei per la scelta ed, in cuor suo, sperava che tutto andasse per il meglio : Diana se la meritava un po’ di gloria ed era sicura che ci sarebbe stata, finalmente, per lei la pace, dopo tutta quella tempesta. Decisero di incontrarsi per le 21 :00, così avrebbero avuto tutto il tempo di “rifinire” i particolari per quella telefonata.
La serata era tranquilla ma si sentiva l’aria frizzante di montagna.
Raggiunsero con la macchina una cabina telefonica un po’ appartata e, dopo un rapido sguardo al cielo Diana s’incamminò per telefonare.
“E’ la notte di S. Lorenzo - pensò - chissà se lassù c’è una stella pronta a cadere per esaudire i miei desideri. Vorrei tanto non essermi sbagliata, vorrei tanto... che fosse la persona giusta”. Infilò la scheda nell’apparecchio telefonico, trasse un profondo respiro e, con le mani tremanti, cominciò a digitare il suo numero : cifra dopo cifra... “Ecco, ora squilla !”.

Capiitolo VI


“Tu esisti, ed io ti ho incontrato :
che altro potrei desiderare di più ?”
(L. Sella)

“Pronto, chi parla ?”, le chiese una ragazza dall’altra parte del filo ; il momento era giunto, dunque : ora toccava a lei. “C’è Gabriele ?”
“Un attimo... Pronto ?”
Era così dunque la sua voce, pacata e caldissima : non poteva essere altrimenti per un angelo !
“Pronto, pronto ?”
“Eh scusa, mi ero distratta un attimo, sei Gabriele, vero ?”
“Si, ma con chi parlo?”
“Con un’amica !”, quanto era stata banale ! ! !
“D’accordo, ma come ti chiami ?”
“Sono... Federica e ti ho chiamato perché, perché... volevo conoscerti” - disse questo tutto d’un fiato, quasi senza respirare.
Continuarono a chiacchierare per circa un quarto d’ora. Quindici minuti che furono quindici ore per Diana che, ancora, non riusciva a credere che stava parlando proprio con lui, con il suo sogno, con il suo angelo ! “Mio Dio - pensò - sta accadendo proprio a me”. Lui fu molto gentile . Le disse che avrebbe avuto piacere di conoscerla di persona : non era , infatti, corretto che lui non sapesse con chi stesse parlando.
Lei provò a spiegargli le sue ragioni ; gli raccontò le sue paure, ciò che aveva passato ma, ben presto, si rese conto che aveva a che fare con una persona per bene : sentì di potersi fidare di lui ! Chiuse il telefono ancora un po’ stordita. Si era preparata tanti discorsi ma, alla fine, non ne aveva fatto nemmeno uno. Ripensava alla tenerezza di quella voce, alla gentilezza che le aveva usato. Le aveva detto di farsi sentire quando avrebbero avuto la possibilità di uscire insieme, tranquillizzandola circa le chiacchiere della gente. Entrò nella macchina di Isabella e, rivolgendo gli occhi all’amica disse. “E’ lui !”.
Restarono in macchina fino a tarda notte, semplicemente guardando le stelle. Era una notte favolosa e per la prima volta, nella sua vita, Diana credette nella magia del 10 agosto : la notte delle stelle cadenti in cui tutti i sogni si avverano.
Si sentì in colpa per non avergli detto il suo vero nome. Non voleva, assolutamente, che lui la credesse poco seria e così decise di inviargli una lettera, il giorno dopo. Arrivata a casa provò forte l’impulso di scrivere : dentro di lei si stava risvegliando qualcosa. Prese un foglio di carta e, pensando a lui, cominciò a comporre :
Parlami di te, se questo ti lusinga
oppure taci e godiamoci il silenzio.
Lascia raccontare agli occhi la grandezza del tuo cuore
e poi scruta nei miei : leggerai la mia anima.
E, alla fine, stanchi del vociare del silenzio
chiuderemo gli occhi e aspetteremo... l’infinito !”

Lesse e rilesse quelle parole : ne era fiera ! Era, nuovamente, riuscita a scrivere qualcosa ed il merito era tutto suo, del suo preziosissimo angelo. Ora si che poteva dormire tranquillamente ; gli incubi non le avrebbero rovinato quei momenti : non lo avrebbe permesso !
Il mattino arrivò placidamente ; dalle persiane s’intravedevano i raggi del sole che facevano capolino, timidamente, quasi avessero paura di svegliarla. Ma Diana era già sveglia e sorrideva ; sorrideva a quello spettacolo mattutino offertole gratuitamente da madre natura.
In casa c’era silenzio : dormivano ancora tutti e, così, decise di approfittare di quella calma per scrivere la sua lettera. Gli avrebbe rivelato la sua vera identità ; gli avrebbe spiegato meglio le ragioni del suo comportamento ; gli avrebbe lasciato il suo numero di telefono, così lui l’avrebbe potuta chiamare se avesse voluto. La scrisse tutta d’un fiato e, quando la madre si alzò, lei aveva già finito di trascrivere in bella copia tutto quello che il suo cuore le aveva dettato.  La spedì quella stessa mattina affidando, a quel pezzo di carta, le sue speranze.
Ora, si trattava solo di attendere. Doveva aspettare che lui si facesse vivo : furono i giorni più lunghi della sua vita. Ne passarono cinque senza che il telefono squillasse ! Ormai, aveva perso ogni speranza : non l’avrebbe mai chiamata. Ripensava a quanto gli aveva scritto, forse aveva sbagliato qualcosa, ma cosa ? Era stata abbastanza chiara con lui, glielo aveva detto che voleva solo la sua amicizia : “Mi piacerebbe, tuttavia, telefonarti qualche altra volta, così, giusto per parlare anche se mi rendo conto che la sera arrivi a casa abbastanza stanco e, quindi, non hai certamente voglia di stare al telefono con un “fantasma”... fuori di testa.”. Forse lui non le aveva creduto e, leggendo fra le righe, aveva pensato che fosse tutta una scusa per uscire insieme e... provarci. Arrivò così il sesto giorno : era pesante, adesso, alzarsi la mattina. Un altro giorno di silenzio : non avrebbe retto. Doveva uscire, svagarsi, pensare ad altro. Chiamò Isabella e uscirono insieme subito dopo. All’improvviso si udì un telefono squillare, Diana lo prese, svogliatamente, dalla borsa credendo si trattasse di uno dei tanti squilli che, da un po’ di tempo, le stavano arrivando ma, con sua grande sorpresa, lesse sul display che si trattava proprio di lui : di Gabriele. Rispose tremando : “Pronto, chi parla ?”
“Sono... un amico !”
Si metteva pure a fare il simpatico, adesso, ma quella battuta le piacque assai. Parlarono per circa un’ora, raccontandosi le reciproche esperienze ; le proprie passioni ; la propria vita. Sembrava fosse davvero un bravo ragazzo : semplice, tranquillo, schietto ma, soprattutto, dolce, di una dolcezza che Diana, sicuramente, ignorava ma di cui, si rendeva conto, aveva un gran bisogno. Le aveva dato l’impressione di essere una persona molto sensibile e, cosa non trascurabile, molto attenta ai problemi del prossimo. Forse questa volta aveva fatto davvero centro, ma chi le dava questa certezza ?
Cominciarono ad affollarsi, nella sua mente, tanti dubbi, tanti timori ma la cosa che, più di tutte, la terrorizzava era la possibilità che lui la rifiutasse. Come avrebbe potuto sopportare di sentirsi, nuovamente, respinta ? Non le era bastata la precedente esperienza ? Sentiva la testa che le scoppiava : era felice, sicuramente, ma aveva tanta paura.
Confidò all’amica i suoi pensieri : forse parlandone sarebbe riuscita a scacciare quei fantasmi una volta per sempre. Le fece bene quella confidenza. In ogni caso, aveva trovato in Isabella un valido sostegno morale e, così, decise di non pensarci almeno fino a quando non fosse rientrata a casa. Lì l’avrebbe chiamato ; sarebbero usciti insieme, per come si erano detti, e poi... “se sono rose fioriranno !”.