sabato 14 gennaio 2012

Con te amico, Capitolo I

Parecchi anni fa (e già, ne sono passati più di 10) scrissi, così per diletto, 2 romanzetti senza alcuna pretesa. Era un modo come un altro di sfogare il proprio "estro" in qualche cosa ed io lo feci scrivendo.
Adesso che ho il mio blog, ho deciso di proporveli ma a piccole dosi (non mi va di annoiarvi) capitoletto per capitoletto nella speranza che possano piacervi.

CON TE AMICO
CAPITOLO I

"Ci vuole tanta forza e tanta dolcezza per vivere e per amare.
Non tanto per te stesso, che hai cicatrici dentro e fuori comunque,
ma per gli altri, che possono essere più deboli e più fragili,
e possono soffrire senza dirtelo.
E sono proprio quelli che ti amano di più.
(P. Mosca)
               
“Ecco, il momento tanto atteso era arrivato: lui le si stava facendo sempre più vicino e lei poteva, finalmente, vedere chi era il suo spasimante. Le cinse le spalle, stringendola a sé...!”
Si avvisano i signori viaggiatori che stiamo per entrare nella stazione di Roma Termini.
Cristina ebbe un sussulto. Si svegliò di soprassalto e, stiracchiandosi un po’, borbottò tutto il suo rammarico per essere stata distolta dai suoi sogni: “Caspiterina! E’ sempre la stessa storia: proprio sul più bello, quando sto per vedere il viso del mio uomo misterioso, c’è qualcuno o qualcosa che mi sveglia. Uffa, uffa e ancora uffa!”.
Le persone del suo stesso scompartimento, intanto, la stavano guardando un po’ perplessi mentre il giovane, seduto di fronte a lei, vicino al finestrino, cercava di soffocare una risatina. Si mise a ridere pure lei, non appena si rese conto della cattiva figura e, prendendo il sacchetto dallo zaino, cominciò a sgranocchiare le sue gustosissime patatine. Mancavano ancora sei ore all’arrivo a casa, in Calabria, dove la stavano aspettando i suoi parenti e, ovviamente, tutti i suoi amici. Ancora non riusciva a credere che Marta, la sua migliore amica fin dai tempi della scuola, si sarebbe sposata tra sette giorni. Che emozione! Era per questa ragione che ora lei si trovava su quel treno: non poteva certo mancare a quel matrimonio, anche perché le avrebbe fatto da testimone. Scelta quasi obbligata, questa, considerato che era stata lei, quattro anni prima, a spronare l’amica a “buttarsi” in quella storia. Ricordava ancora il giorno in cui, con la voce tremante, Marta le aveva telefonato dicendole che si era innamorata. Aveva incontrato Marco durante la lezione di pedagogia comparata e, da quel momento, non riuscì più a distogliere lo sguardo da quel brunetto, un po’ “stempiato”. All’inizio, Cristina l’aveva presa a ridere: canzonava l’amica e la sua passione per quelli con la fronte un po’ “alta”;  quando cucinava la pizzaiola, si divertiva a stuzzicarla: “Toh! Guarda un po’ chi c’è in questa scatola di pomodori pelati? Ciao Marco, tutto bene? Ti dispiace se adesso ti cucino e poi ti mangio?”.  Scherzi a parte, era contenta per l’amica che aveva, sicuramente, trovato un ragazzo d’oro: serio, intelligente e, soprattutto, innamorato. E adesso, dopo quattro anni, Marco e Marta stavano per sposarsi e avevano chiesto a lei di testimoniare su quell’amore. Quante parole si spendono, ogni giorno, per celebrare questo dolce sentimento. Fin dalla creazione del mondo, poeti, cantori, artisti di ogni genere, si sono prodigati per immortalare l’amore con una parola, una poesia, un quadro, una canzone. E non bisogna, per forza, andare a cercare nelle opere dei “grandi”, perché chiunque abbia provato, in fondo al proprio cuore, l’ebbrezza del sentirsi innamorato riuscirebbe a parlarne. Le venne in mente, in proposito, una considerazione sull’amore di Alex Noble: “Ah, la forza meravigliosa che fluisce fra due persone quando si amano abbastanza per scavalcare schermaglie e apparenze, quando vogliono affrontare il rischio di essere totalmente aperte, di ascoltare, di corrispondersi con tutto il cuore. Quanto possiamo fare gli uni per gli altri!”. È un rischio, è vero: non è facile donare totalmente se stessi ad un’altra persona ma, quando si ama davvero, lo si fa spontaneamente, senza pensarci più di tanto. Giorno dopo giorno, aumenta sempre di più il desiderio di vivere per l’altro; di prenderlo per mano e tenerlo stretto a sé; di affondare il viso fra le sue braccia e di sentire, continuamente, le sue mani prodigarsi in tante piccole, dolci carezze che sembrano farci sfiorare il cielo. E tutto questo per colpa, o per merito, dell’amore, quello stesso amore che, fra pochi giorni, avrebbe permesso a Marta e Marco di sposarsi. Che emozione! Ma la gioia di Cristina era dovuta, anche, al fatto che, presto, avrebbe potuto riabbracciare i suoi vecchi amici: non li vedeva ormai da quasi tre anni, da quando, cioè, era andata via dal suo paese per dimenticare le brutte esperienze trascorse e ricominciare tutto daccapo. Com’era stato difficile all’inizio: andarsene così lontano, da sola... quanta solitudine aveva sofferto e quanto le erano mancate le serate con gli amici, le risate, le gite fuori porta, le confidenze. Ma, in ogni caso, l’amarezza per ciò che aveva vissuto con Lorenzo, prima, e Davide, dopo, l’avevano convinta a cambiare aria: bisognava dare un calcio al passato e fuggire lontano, e così fece. Ora le cose le andavano discretamente! Aveva un lavoro appassionante che le permetteva di stare, quotidianamente, a contatto con la sua grande passione: i bambini. Dopo la laurea in psicologia, infatti, si era specializzata in psicologia pediatrica e, adesso, faceva parte di un’equipe medica che si occupava di bambini handicappati. Si sentiva gratificata da questo lavoro: ogni giorno, infatti, poteva essere utile a qualcuno che aveva realmente bisogno di lei, compensando così, in qualche modo, la sua intima solitudine.
Con la fronte appoggiata al finestrino, cercò di allontanare la malinconia concentrandosi su ciò che l’aspettava una volta giunta a casa. Avrebbe trascorso parte della giornata con i suoi genitori, che si lamentavano sempre di vederla troppo poco. Non si erano mai rassegnati alla sua lontananza ed ogni giorno le chiedevano quando sarebbe tornata. Cristina sapeva fin troppo bene che, andando via, aveva loro arrecato, forse, il più grande dolore della loro vita, ma non aveva potuto farci niente. Continuare a stare a casa avrebbe significato rivivere, ora dopo ora, giorno dopo giorno, quel sottile dolore che l’aveva fatta crescere, forse, troppo in fretta. Per cena sarebbe uscita con i suoi amici, andando a fare baldoria, magari, in uno dei locali che frequentavano tempo prima. Nonostante la lontananza, era riuscita a mantenere i contatti con tutti loro: non avrebbe, d’altronde, permesso a niente e a nessuno di portarle via l’immenso tesoro che quei ragazzi le avevano donato così disinteressatamente. Nei suoi momenti più difficili, infatti, erano stati proprio loro a confortarla con la propria presenza. Avevano avuto la capacità e, soprattutto, la pazienza, di starle accanto sempre e comunque. Teneva ancora, gelosamente conservata, una piccola pergamena che Paola le aveva regalato in occasione del suo ventisettesimo compleanno. Si trattava di un inno all’amicizia, scritto da Giovanni Crisostomo: “Un amico fedele è un balsamo nella vita, è la più sicura protezione. Potrai raccogliere tesori d’ogni genere ma nulla vale quanto un amico sincero. Al solo vederlo, l’amico suscita nel cuore una gioia che si diffonde in tutto l’essere. Con lui si vive un’unione profonda che dona all’animo gioia inesprimibile. Il suo ricordo ridesta la nostra mente e la libera da molte preoccupazioni. Queste parole hanno senso solo per chi ha un vero amico; per chi, pur incontrandolo tutti i giorni, non ne avrebbe mai abbastanza”. Le sfuggì una lacrima a quel ricordo: niente in confronto a tutte quelle che aveva versato in passato. Ma loro, i suoi amici, erano sempre stati presenti, con una parola o con tutta la forza del loro silenzio, ad asciugarle, delicatamente, quelle perle di dolore ed a strapparle, inaspettatamente, un sorriso. Sapevano, infatti, molto bene che, per essere davvero d’aiuto a chi ne ha bisogno, a nulla serve capire il perché si piange: l’unica cosa essenziale è esserci.  “Questa è la vera amicizia - pensò - niente parole inutili, niente ostentazioni, magari solo un semplice ciao, ma tanto carico di amore e complicità da non richiedere altro”. Se qualcuno le avesse chiesto, in quel momento, di definire l’amicizia lei, sicuramente, si sarebbe limitata a fornire dei nomi: perché sforzarsi, infatti, di trovare parole giuste ma, comunque, sempre astratte, quando poteva indicare semplicemente degli esempi concreti? Andava fiera della sua comitiva! Essa costituiva, senza ombra di dubbio, la parte più bella del suo passato: l’unico ricordo per cui valeva la pena voltarsi indietro... ogni tanto. All’ombra di questi pensieri, Cristina prese la sua agenda e provò a scrivere qualcosa: chissà, magari riusciva a comporre un madrigale per Marta e Marco. Sapeva bene, infatti, che era proprio nei momenti in cui si sentiva un po’ triste che riusciva a scrivere meglio, e questo era uno di quei momenti. Giocherellò un po’ con la penna, fino a quando l’ispirazione le arrivò:
“Anima
Anima mia, dolcissimo sussurro di vita, tu che da sempre accompagni il mio cammino, nelle difficili strade della vita, dimmi cos’hai, svelami il tuo dolore, ed io proverò a darti, anche solo per un attimo, momenti di grande felicità che ti faranno assaporare il dolce miele del Paradiso. Ora che soffri e piangi, ti senti troppo debole ed indifesa; hai paura di esporti troppo, perché sai che ora, più di ogni altro momento, sarai colpita più a fondo: ti potranno ingannare, ti potranno maltrattare, ti potranno persino uccidere, tu non saprai dire di no, tu non saprai resistere, tu non saprai opporti. Cosa fare allora? Vuoi arrenderti, gettare la spugna, uccidere i tuoi sogni? Non sarebbe meglio reagire, gridare, tirare fuori tutta la tua rabbia e poi... quando la calma si sarà nuovamente impossessata di te, guardarti intorno e scoprire che.... il mondo ti sta sorridendo, ti sta chiamando, ti vuole bene .A questo punto potranno pure prenderti in giro, calunniarti, condannarti, tu non li sentirai nemmeno perché sarai troppo impegnata a ridere con chi ti vuole, finalmente, bene. Tirati su, piccola mia, perché se muori tu sarò costretta a morire anch’io e credimi, non voglio. Mi piace troppo vivere, mi piace troppo andare avanti e tu, vita mia, seguimi! Per un momento facciamo finta che sia io a condurre il gioco: lasciati andare, almeno per una volta, ai miei desideri. Non è poi tanto male sai? Quando poi sarai stanca di lottare, stanca di seguirmi, stanca di vivere... chiamami: io ti seguirò placidamente... senza resisterti! Ma ora no, è ancora troppo presto per dormire, si può sognare anche da svegli fra le braccia di un amico che ti vuole, finalmente, bene e, questa volta, non dovrai avere paura delle delusioni, piccola cara, perché ormai non sei più sola!”
Non era proprio ciò che aveva intenzione di scrivere ma, tutto sommato, era riuscita a sfogare un altro po’ di rabbia che teneva chiusa, dentro di sé, ormai da troppo tempo. “Pazienza! - si disse - Vorrà dire che per Marta scriverò un’altra volta”.

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