Ed ecco qui il secondo (in realtà primo in ordine cronologico) romanzetto scritto da me anni fa. Spero vi piaccia leggerlo...
L'ANGELO BIONDO
CAPITOLO I
“Eri
scia di cometa e ali di gabbiano e giostra fatata.
Ma il
tunnel della meraviglia è sbucato in un antro oscuro,
dove
hai trovato solo mediocrità, menzogna e squallore...”
(L.
Sella)
Era
una mattina fresca, il cielo era limpido ed una leggera brezza dondolava,
delicatamente, i palmizi nei pressi della spiaggia. Un’altra giornata si
affacciava all’orizzonte, un’altra scommessa con la vita che Diana azzardava
alla luce di quel mattino, uguale, ormai, a tutti gli altri. Erano già
trascorsi circa due mesi da quando il suo Edoardo era andato via dicendole di
aspettarlo. Due mesi di attese, di paure, di angosce... di lacrime. Ma lui non
tornava ed al telefono era sempre più
vago. Fino a quando - quella sera si era ormai impressa nella mente di Diana -
la tremenda verità venne fuori in tutta la sua crudezza.
Era
stanca di aspettare ma, soprattutto, sentiva forte la sua mancanza e così
decise di andarlo a cercare. Fu proprio allora che lo vide, lì, spiando dalla
finestra della sua nuova casa, in compagnia di... lei ; erano a letto,
ansanti e felici per quel nuovo ennesimo amplesso che li teneva sempre più
uniti. Non si accorsero di lei, di lei che li guardava in un misto di stupore,
rabbia, dolore. Due lacrime, poi altre due e poi ancora così, in una serie
infinita di sofferenza che le stava spaccando il cuore. Lei, che lo aspettava,
lei che contava le ore, mentre immaginava il giorno del loro ricongiungimento
ora era lì, fissa a quella finestra, a guardare il suo uomo darsi con tutto sé
stesso ad una sconosciuta. Quei baci, quelle carezze, quelle parole, dov’erano
quando era stata lei a cercarle ? Dov’erano quegli abbracci, quel
malizioso luccichio nei suoi occhi ? Che fine avevano fatto quei progetti,
quei sogni fatti insieme e tutto quello che li aveva uniti ?
Non
capiva più niente Diana, appoggiata a quel muro così freddo, nella speranza di
aver preso un abbaglio.
“No !
Non è lui, non può essere lui - pensava
- vedrai che ti sei sbagliata, non era la sua finestra o magari era un
amico a cui aveva prestato la casa per spassarsela con la fidanzata ; lui
ti ama ; lui vuole tornare con te ; lui vuole sistemare le cose per
sposarti” e poi, di nuovo lì, a quella finestra a scrutare quei due corpi
distesi, uno accanto all’altro, stanchi e soddisfatti.
Ad
un tratto sentì ridere, si stavano alzando e parlavano. Si acquattò sotto la
finestra tendendo l’orecchio per sentire meglio quanto avevano da dirsi i due
amanti :
“Allora,
anche oggi ti ha chiamato ? Dille di smettere, confessale tutto e
facciamola finita ! Prima o poi verrà a sapere di noi, tanto vale che sia
tu a dirglielo. È da settembre che andiamo avanti con questa storia, prima
dovevamo stare nascosti perché eravate ancora insieme, ma ora... vi siete
lasciati, no ? Quindi diglielo e basta !”
“Non
è così semplice : se le dico una cosa del genere la uccido. Quella vive
per me, non fa niente senza di me. Non fa altro che chiedermi quando torno.
Guarda qua cosa mi ha scritto :
“Amore mio,
sono ben 22 giorni che non ti vedo e mi manchi, mi manchi da
impazzire ! Riesco ad andare avanti solo perché ho la consapevolezza che
stai facendo tutto questo per noi due. Non capisco la necessità di stare
separati ma l’accetto, perché sei tu a chiedermelo. Ogni notte mi addormento
con il pensiero di te che mi sorridi, penso ai nostri momenti felici, a quando
vivevamo l’uno per l’altra... mi pesa questo stare lontani. Mia madre teme che
ci sia un’altra donna per lo mezzo, ma io non ti reputo capace di fare queste
cose. Tu non sei come tutti quelli che non hanno rispetto per coloro che
amano : tu mi sei fedele e so che in questo momento anche tu sentirai la
mia mancanza. Sono un’egoista a dire che soffro, perché starai sicuramente
peggio di me. A quest’ora ti immagino solo nella tua nuova casetta : non
riesci a prendere sonno perché ti manco e così guardi la mia fotografia, poi te
la stringi al petto e ripensi alla mia voce. Ecco, ora finalmente dormi !
Quanto ti amo, smetterò mai di dirtelo ? Ora, però, ti lascio, perché
anch’io vorrei provare a prendere sonno. Ho preso un ansiolitico, nella
speranza che mi aiuti a dormire... staremo a vedere ! Buonanotte amore mio
e ricorda : la gioia dei tuoi occhi ti pensa sempre e ti ama più di
prima !”
Capisci
ora ? Come faccio a dirle di noi ?”
“Certo
che, però, è abbastanza stupida quella lì. Come si fa a non capire che c’è
un’altra persona nel tuo cuore ? Ti ricordi quella volta che ti telefonai
e lei scoprì il mio numero ? Se avesse avuto un briciolo di cervello
avrebbe indagato per scoprire di chi fosse...”
“...ed
invece ha creduto alla storia che le ho raccontato, e cioè che avevo prestato
il cellulare a mio fratello e che, quindi, era sicuramente un numero suo” .
“Ma
come hai fatto a stare con una così per tutto questo tempo ?”
“Ma
che ne so, chissà cosa mi aveva preso. Sai che ti dico ? Ritorniamo a
letto.”
“Chissà
che faccia farebbe se ci vedesse in questo
momento !”
“Non
ci voglio nemmeno pensare. Ma insomma che aspetti a toglierti questa vestaglia
di dosso ?”.
Tutto
qui, dunque ? Solo questo era rimasto di lei ? Una vittima da
compiangere, una povera stupida da deridere e alla cui faccia si poteva anche
godere ? Ma chi, o piuttosto, cosa aveva amato ? Come aveva fatto a
non accorgersi di tutte quelle bugie ? Come aveva fatto a fidarsi di quel,
di quel... o, al diavolo ! Quanta rabbia aveva dentro, le lacrime le si
erano bloccate, non riusciva più nemmeno a piangere.
Quel
bastardo l’aveva ingannata. “Da settembre, da settembre”, quelle parole le
risuonavano continuamente nella testa. Diana cercava ora di ricordare tutto ciò
che accadde in quei nove mesi di tradimento.
Le
ritornavano in mente tutte le volte che lui non era andato da lei perché era
fuori per lavoro ; e quella volta che le chiese di svolgere per lui tutte
quelle commissioni, perché “aveva da fare ?” . Era questo allora che
doveva fare ! Andarsene con donnacce ! E c’era riuscito, eccome se
c’era riuscito ! Ne aveva una lì, ora, nel letto, pronta a spogliarsi ad
ogni suo comando, pronta a “dargli” tutto ciò che voleva ! Però una cosa
giusta l’aveva detta quella lì : lei era stata una stupida, una
grandissima stupida. Ma adesso basta ! Avrebbe dato una svolta alla sua
vita ed Edoardo sarebbe stato solo un ricordo : una malattia da cui
bisognava riprendersi, e in fretta !
Ed
ora, stesa sul suo letto, Diana ripensava a tutto questo, e continuava a
piangere. Si era ripromessa di cambiare vita, ma l’unico cambiamento che riuscì
a fare fu quello di tagliarsi i suoi lunghi capelli ricci, che lui aveva amato
tanto. Li tagliò corti corti ma, per il resto, non era riuscita a fare niente.
Non usciva più, non ne aveva il coraggio. Si sentiva umiliata, ferita ;
aveva paura che gli altri la prendessero in giro, che tutti le gridassero
dietro : “Stupida ! Come hai fatto a non accorgerti di nulla ?”
. E così trascorreva le giornate a casa, chiusa nella sua stanza, sul letto a
piangere. A niente servivano le parole dei suoi familiari che la ricoprivano,
in ogni momento, di attenzioni : le compravano regali, le facevano trovare
tutte le cose che lei di più amava. Si sentiva persa, distrutta, sconfitta.
Persino la sua fede cominciava a vacillare. Non riusciva più nemmeno a pregare,
fino a quando, una sera, nel silenzio della sua cameretta ritrovò, in un
cassetto, una piccola pergamena che le avevano regalato qualche tempo prima.
Era il famoso “Messaggio di tenerezza”, di Powers. Lo rilesse accuratamente, piano
piano, lasciando che le parole le scivolassero dentro, toccando le corde più
profonde dell’anima :
“Ho sognato che camminavo
in riva al mare con il Signore
e rivedevo sullo schermo del cielo
tutti i giorni della mia vita passata.
E per ogni giorno trascorso
apparivano sulla sabbia due orme :
le mie e quelle del Signore.
Ma in alcuni tratti ho visto una sola orma,
proprio nei giorni
più difficili della mia vita.
Allora ho detto : “Signore
io ho scelto di vivere con te
e tu mi avevi promesso
che saresti stato sempre con me.
Perché mi hai lasciato solo
proprio nei momenti più difficili ?”
E Lui mi ha risposto :
“Figlio, tu lo sai che io ti amo
e non ti ho abbandonato mai :
i giorni nei quali
c’è soltanto un’orma sulla sabbia
sono proprio quelli
in cui ti ho portato in braccio” :
A
mani giunte, lentamente, si inginocchiò ; con i gomiti poggiati sul letto
ed il viso segnato dal pianto stette in silenzio a contemplare quelle
parole. Parlavano di speranza, quella
stessa speranza che, adesso, invocava per lei. Alzò gli occhi e diresse il suo
sguardo verso l’immagine del Gesù misericordioso che le faceva da
capezzale - “Confido in te !” - c’era scritto su quel quadro. Si
sentì rincuorare e, fiduciosa, levò una preghiera, di quelle semplici ; di
quelle che ti escono spontanee dal cuore : “Signore, aiutami ! Se
davvero adesso mi stai portando in braccio, allora, fammelo sentire. Non voglio
niente di eccezionale, solo sentire il calore delle tue braccia. Un semplice
abbraccio, vorrei, di quelli che ti scaldano l’anima quando hai freddo !
Un
abbraccio per capire che non sono sola, offrimelo, ti prego !
Donamelo
questa stessa notte, non so come, ma tu donamelo : ne ho, davvero, tanto
bisogno
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